Sulla rivoluzione industriale in atto, che i più definisco “quarta” e che Jeremy Rifkin insiste a indicare come “terza”, c’è molto da capire. Dietro la terminologia, prevalentemente in inglese, che non aiuta a fare chiarezza (Industry 4.0, Smart Manufacturing, Digital Factory…), ci sono idee, concetti, nuovi paradigmi che devono diventare il bagaglio fondamentale dei tecnici e operatori industriali di domani e possono essere proposti e spiegati in modo semplice e accessibile. Come è stato fatto nei giorni scorsi all’ultima edizione di SPS Italia, la principale fiera nazionale dell’Automazione che si svolge ogni anno a Parma a fine maggio, dove è stato presentato in anteprima assoluta “Il Dizionario dell’Automazione – le parole dell’innovazione” e la presentazione è stata accompagnata da un seminario sull’importanza della formazione tecnica e professionale. Ne abbiamo parlato con l’autore del libro, l’ingegner Armando Martin, consulente industriale e giornalista.
Come è nato e come si è sviluppato il Dizionario dell’Automazione?
È un progetto singolare e di lunga durata. Nei primi anni 2000 realizzai che nella letteratura tecnica italiana non esisteva un Dizionario dedicato all’Automazione Industriale. Oltretutto studiando e lavorando in quel settore ne avvertivo una forte necessità pratica. Iniziai così a compilare una mole importante di testi e informazioni, sfociata nella pubblicazione del “Dizionario di Automazione e Informatica Industriale” nel 2006. Quest’anno cadeva il decennale e abbiamo pensato con l’editore (Editoriale Delfino, ndr) di celebrare una sorta di anniversario. L’aspetto interessante è che in questo decennio il Dizionario si è trasformato in uno strumento polivalente e multimediale. Nel 2008 venne adottato come testo di consultazione per l’esame di stato a Ingegneria, nel 2009 divenne una rubrica mensile su una rivista (Automazione e Strumentazione, ndr), nel 2010 un gruppo di studenti creò una pagina Facebook dedicata, nel 2011 si trasformò in rubrica online e nel 2015 fu integrato nell’app-eBook “Automation Story”. Quest’anno ne abbiamo fatto una specie di “best of” con una settantina di voci, tra le quali Additive Manufacturing, Big Data, Industry 4.0, IoT, Meccatronica, Smart Sensor, Wearable Technologies e altri concetti “caldi” al centro della nuova rivoluzione industriale.
A chi si rivolge questo testo?
Principalmente agli addetti ai lavori e al mondo della formazione ma il pubblico è potenzialmente più vasto. Oltre alla relativa semplicità di linguaggio il “Dizionario 2016” non è un lungo elenco sequenziale di lemmi come il “Dizionario 2006”. Direi piuttosto che è una raccolta di parole strategiche per comprendere quello che succederà nell’industria nei prossimi anni. Si parla molto di Industry 4.0. È importante capire che spariranno moltissimi posti di lavoro, anche in settori insospettati, che cambierà il modo di progettare e di produrre e che si sta creando un network sempre più interconnesso tra imprese, macchine, robot e persone con enormi conseguenze sociali, economiche e culturali. L’istruzione e le competenze faranno la differenza tra chi potrà continuare a lavorare con profitto e chi no. Il Dizionario è un libro che si propone di fare un po’ di chiarezza su questi temi in chiave tecnologica. È dunque un potenziale lettore di questo Dizionario chiunque avverta la necessità di essere informato sulle trasformazioni in atto a partire dal significato delle parole, che sono il punto di partenza per ogni approfondimento critico, perché come diceva Wittgenstein “i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”.
Un Dizionario tecnologico rimanda al tema della formazione tecnica…
Purtroppo mancando nel nostro paese una politica industriale, sono assenti anche linee guida condivise sulla formazione tecnica e professionale. Istituti tecnici e professionali sono spesso visti come percorsi educativi di seconda fascia rispetto ai licei. A ciò si aggiunge il problema di delineare in fretta nuovi modelli formativi per rispondere alle esigenze di Industry 4.0. Da molte parti cresce la preoccupazione per il declino, e in alcuni casi il degrado, della nostra formazione professionale. In effetti alcuni profili professionali sembrano non attrarre più i giovani (pensiamo ad esempio alla difficoltà delle aziende industriali di reclutare saldatori, operatori delle macchine a controllo numerico o manutentori specializzati). Il problema però è più di fondo e strategico. Le industrie italiane, e in particolare il segmento più competitivo rappresentato dalla meccanica strumentale, dai costruttori di macchine automatiche e dai fornitori di componenti tecnologici, dovrebbero essere aiutate a capire in che direzione muoversi e di quali competenze hanno effettivamente bisogno.
Siamo lontani da questo obiettivo?
Sembra proprio di sì. Da un lato abbiamo una dei tassi di disoccupazione giovanile più alti d’Europa (circa il 43%), dall’altro si laureano ogni in Italia circa 25 mila ingegneri i quali in buona parte finiscono a lavorare all’estero, dove peraltro sono molto apprezzati. È evidente che il problema non è solo dei ritardi e delle carenze del nostro sistema educativo, ma tocca il mercato del lavoro dove domanda e offerta hanno difficoltà a incontrarsi e capirsi. Ricordiamo che siamo il secondo paese manifatturiero l’Europa, ancora molto ricco di know-how e asset tecnologici, ma con grosse difficoltà di organizzazione e bassa produttività. In questo quadro sta per esplodere la quarta rivoluzione industriale che in Italia probabilmente si diffonderà in modo frammentato e non pianificato, con il rischio di rendere marginali e obsoleti in breve tempo non solo lavoratori anziani o poco qualificati, ma interi segmenti di forza lavoro e servizi alla imprese.
Quali strategie sono necessarie per non perdere le opportunità di questa trasformazione?
Per restare alla formazione tecnica bisognerebbe che la scuola, le istituzioni e quello che una volta veniva indicato come “Sistema Paese” ponessero le basi per investire sulle infrastrutture didattiche e sulla standardizzazione delle competenze professionali che serviranno all’industria del futuro. La divulgazione scientifica e tecnologia, che anche un libro come il Dizionario dell’Automazione nel suo piccolo può contribuire a fornire, è importante perché deve crescere trasversalmente la consapevolezza del momento socio-economico che stiamo vivendo. Noi restiamo convinti che sarà l’istruzione a garantire un futuro al lavoro delle persone. Tuttavia questo potrebbe accadere solo in parte o in forme inedite che ora non riusciamo a prevedere. In sostanza se con la nuova rivoluzione industriale saranno le macchine, i software, le reti e i robot a prendere il sopravvento, allora il problema di tutta la società riguarderà non tanto la creazione di nuovi posti di lavoro, ma lo sviluppo della personalità umana e della redistribuzione della ricchezza. Un tema ancora più esplosivo.
(Mario Gargantini)