Non bisogna essere troppo severi nel giudicare l’operato dei ministri dell’Istruzione. Forse su nessuna scrivania ministeriale come quella di viale Trastevere si ammucchiano tanti dossier in un’alternanza continua di risposte a situazioni emergenziali e di azioni di ampio respiro da costruire nel futuro senza squassare il presente. “Studierò come una secchiona per capire i problemi ed essere all’altezza della situazione”, aveva promesso in una delle prime interviste il neoministro Giannini.
Se davvero abbia studiato come promesso non sappiamo. Certamente nei primi due mesi di incarico ministeriale la prof. Giannini non è stata davvero avara di interviste, commenti, puntualizzazioni, promesse. Come un fiume in piena ha spaziato su tutte le principali questioni sul tappeto, dalla scuola all’università: riassorbire il precariato, valorizzare il merito degli insegnanti e valutare le performance delle scuole. E poi dare più spazio all’inglese fin dalla scuola elementare (sperando che i maestri lo sappiano a dovere), combattere l’obesità, avviare una nuova sessione dei Tfa (tirocini formativi attivi) e, naturalmente, provvedere a mettere in sicurezza gli edifici scolastici (e sono tanti) a rischio.
E ancora: potenziare l’autonomia delle scuola, riconoscere il valore della sussidiarietà con il riconoscimento del ruolo svolto dagli istituti paritari fino a lasciare intendere la possibilità che le scuole statali possano reclutare i docenti. Basta concorsi, infine, all’Università: gli atenei vanno responsabilizzati sulle scelte che compiranno.
Tanta abbondanza ha inteso forse rafforzare, nelle intenzioni, la centralità assegnata all’istruzione nel programma di governo di Matteo Renzi. Ma tutto non si può fare, neppure se l’ex sindaco di Firenze e la prof. Giannini restassero al governo per un decennio. Per essere davvero credibile l’esuberanza del ministro andrebbe accompagnata da qualche segno che dica con chiarezza in che direzione si intende andare.
Al momento non lo sappiamo. Possiamo solo rallegrarci per averci risparmiato l’ennesima maxiconsultazione sui mali e sui possibili rimedi dell’istruzione nazionale lanciata un po’ improvvidamente dalla prof. Carrozza.
Nei giorni scorsi la prof. Giannini ha partecipato alla trasmissione televisiva Ballarò e molti telespettatori hanno atteso che estraesse dal grande contenitore delle sue dichiarazioni di intenti qualche specifica e puntuale azione di governo o anche solo di buona amministrazione scolastica. La vetrina televisiva è stata invece l’occasione per discutere di altro e presentare la propria candidatura al Parlamento europeo. Abbiamo anche sperato che la decisione di scendere nell’agone elettorale fosse in qualche modo collegato con il proprio ruolo di ministro dell’Istruzione e invece non risulta alcun nesso, almeno questo non è emerso dal dibattito televisivo.
Insegnanti, studenti e famiglie non attendono né tanto meno invocano miracolistiche riforme e, più modestamente, sono in attesa di poche e chiare informazioni che un’amministrazione ben guidata dovrebbe essere in grado di gestire sollecitamente: come sarà l’esame di Stato del prossimo anno (il primo del ciclo Gelmini)? E il tanto contestato bonus per l’ingresso all’università? Il test per entrare a Medicina resterà fisso ad anno scolastico in corso con tutti gli inconvenienti che da più parti sono stati denunciati? Quando sarà avviato il nuovo Tfa e quando saranno riconosciuti ai fini delle graduatorie i titoli acquisiti dai primi abilitati Tfa? È possibile migliorare i prossimi cicli dei Pas (Percorsi abilitanti speciali) dopo le prove non esaltanti dei corsi già attivi? Ed altre domande quotidiane dello stesso tipo.
Pur con l’indulgenza invocata all’inizio dobbiamo dire che almeno qualche chiara risposta a queste “piccole” questioni (che interessano però alcuni milioni di italiani) sarebbe più efficace di tante parole.