Prende il titolo da una citazione di Saint-John Perse, regolarmente dichiarata in esergo, Per vivere meglio, conversazione di Cesare Cavalleri con Jacopo Guerriero (Els-La Scuola, 187 pp. 16 euro). Ma se “vivere meglio” era per il poeta lo scopo dello scrivere, qui diventa invece la finalità della lettura; e il leggere è atto solitario quant’altri mai, come sottolinea Guerriero nell’Introduzione: “Si legge sempre da soli, senz’altra possibilità”. Ma alcuni, pochi, lettori, sono dei coraggiosi, “capaci di unire parole, epoche e memorie, autori, storie, pensieri, in grado di evidenziare tracce e vicinati, non per vezzo o posa, ma perché è antidoto al senso di perdita conoscere, ricordare quello che va amato e preservato in una pagina, indicare un legame intuito”.
Certo, a dispetto del sottotitolo così denso da sembrare intimorente, Cattolicesimo, cultura, editoria, le pagine scorrono, o meglio, volano via veloci e leggere, piene di aneddoti, curiosità, episodi insoliti. Cesare Cavalleri, direttore da oltre cinquant’anni delle Edizioni Ares e di Studi Cattolici, è uno dei critici letterari più noti e severi; anzi, forse, il più severo: la sua rubrica su Avvenire (con cui collabora fin dal primo numero e per cui è stato anche critico televisivo) è una tappa imprescindibile per ogni serio lettore. Ma da questa lunga conversazione emerge, soprattutto, come sottolinea sempre Guerriero, l’esprit de finesse; perché il giudizio, sempre severo, viene regolarmente espresso con l’eleganza di chi non rinuncia mai alla battuta arguta, mai però fine a se stessa, perché sempre orientata a radicare meglio il messaggio da veicolare.
Quella di Cesare Cavalleri è un’esistenza fuori dal comune, ripercorsa dalle origini, dalle prime esperienze formative: dall’infanzia trevigliese, rievocata con quell’attenzione ai minuti dettagli, al particolare (delizioso l’aneddoto sul compito in classe e le azalee), l’istituto salesiano e lo scoutismo (di cui Cavalleri ricorda ancora perfettamente tutti i comandamenti), i primi contatti e l’ingresso nell’Opus Dei. E poi, soprattutto, e per la delizia del lettore, Per vivere meglio si sofferma sugli gli incontri con i grandi che hanno fatto la storia della letteratura del Novecento, dall’amatissimo Saint-John Perse (un “gigante” incontrato per la prima volta nelle pagine della Fiera letteraria, con un brano di Vents nella traduzione di R. Lucchese), a Ungaretti e Buzzati; per non parlare di Montale, con cui si dipanò, dalle pagine di Fogli, la prima di una serie di polemiche (letterarie e non) di Cesare Cavalleri, e che vale la pena di ricordare.
Montale, dalle pagine del Corriere, aveva preso posizione a proposito di un articolo di Carlo Bo, pubblicato sempre sul Corriere qualche giorno prima. A questo intervento, avvertito come “vagamente intollerabile”, Cavalleri ribatté, firmandosi come Ernesto Terrasi, e ad essa Montale rispose, a sua volta, con una lettera “molto piccata”.
Ma per restare sempre entro la costellazione montaliana, non si può non citare il rapporto amicale e professionale con Annalisa Cima, poetessa e ispiratrice del Diario Postumo, sulla cui autenticità Cesare Cavalleri si è più volte speso, e la cui complessa vicenda viene rievocata nella seconda parte del volume, deputata ai Documenti (9. Il parapiglia sul Diario postumo di Montale, pp. 169-180).
E poi, fra tanti aneddoti aventi come protagonisti tanti grandi che hanno segnato la storia della letteratura, compare, fuggevole, eppure indimenticabile, l’aneddoto forse più bello: l’incontro, brevissimo, di sapore quasi poetico, con Ezra Pound, a Venezia in occasione di un concerto, nel 1971. Al termine, un tener dietro ai passi del poeta, accompagnato dalla fedele Olga Rudge, fino alla fuggevole stretta di mano con cui culminerà quell’unico, indimenticabile incontro.
Ma il volume ricorda anche altri autori, che sono stati pubblicati da Ares: Alessandro Spina, e soprattutto Eugenio Corti, l’autore del Cavallo Rosso, di cui Per vivere meglio presenta, nel dossier dei Documenti, la prima recensione, e forse una delle più complete di sempre: Il cavallo rosso, un romanzo “scandaloso“. E, a questo proposito, visto che quando si parla di certi autori rischia sempre di riproporsi il topos un po’ querulo degli scrittori cattolici “terrorizzati dalla marginalità” e che “vivono con fastidio l’etichetta”, Cavalleri risponde, in modo deciso, con quel pragmatismo e quell’asciutta obiettività, estranea a ogni piagnisteo: già l’intervistato dichiara di odiare “la cultura da manuale”, con le sue catalogazioni, le etichette, le distinzioni in gruppi, scuole e correnti. A maggior ragione, come dice con grande chiarezza, sarebbe non solo controproducente, ma anche falso, creare il recinto degli “scrittori cattolici”: all’alba del terzo millennio certe idee, che a volte diventano delle auto-ghettizzazioni, sono ormai definitivamente da mandare in soffitta. Sì perché, per dirla con le parole stesse di Cavalleri: “Gli scrittori cattolici non esistono! Questa è un’invenzione. Prevale, deve sempre prevalere il giudizio estetico. Ancora una volta: siccome la bellezza è splendore del vero, se un libro è bello vuol dire che attinge in qualche modo alla verità”. Già solo queste poche righe, così chiare, così inequivoche, così lampanti, rendono il volume memorabile, perché questa sola frase vale più di mille ore passate su tanti fumosi manuali di teoria letteraria. Un libro prezioso, Per vivere meglio, tanto piacevole alla lettura quanto ponderoso nei contenuti e nei problemi che affronta, e che dirime, con sovrana sprezzatura.