«Il dono più grande che io abbia mai avuto dalla vita». Così Magdi Allam definisce la propria conversione al cristianesimo, culminata nei sacramenti ricevuti in San Pietro, direttamente dalle mani del Papa, nella notte di Pasqua. Ed è proprio per comprendere meglio, e anche per condividere umanamente con lui questa gioia, che ilsussidiario.net ha voluto intervistare il giornalista. Senza indugiare sull’aspetto “mediatico” della pubblica conversione (al quale sembrano unicamente guardare molti altri mezzi di informazione), ma osservando e indagando l’avventura umana di un grande intellettuale che ha deciso di aderire con tutto se stesso all’avvenimento cristiano.
Già prima della conversione al cristianesimo, lei aveva espresso pubblicamente un forte apprezzamento nei confronti delle parole e del messaggio di Benedetto XVI. Come è avvenuto, in lei, il passaggio successivo ad un’adesione personale al cristianesimo?
La razionalità è parte dell’umanità ed è parte integrante della dimensione personale. All’indomani del discorso del Papa a Ratisbona il 12 settembre del 2006, io e pochi altri in Italia, sulla grande stampa nazionale, assumemmo una difesa strenua, totale e assoluta del Papa, non solo nel nome della libertà di espressione, ma anche nel merito di ciò che il Santo Padre aveva sostenuto. Ecco, in quella mia posizione non c’era soltanto qualcosa che atteneva alla pura razionalità, bensì qualcosa che mi coinvolgeva pienamente come persona. La mia attrazione per Benedetto XVI è un’attrazione totale, che nel momento in cui ha pienamente coinvolto la mia parte razionale e personale, poi ha anche contagiato la parte che concerne più specificamente la fede e la dimensione spirituale. Certamente questo Papa è stato il fattore determinante della mia conversione.
Quali sono state poi le esperienze dirette (conoscenze, amicizie) che l’hanno portata alla conversione?
Io non ho avuto la fortuna di incontrare e di conoscere di persona il Papa, quindi la conoscenza non poteva essere che mediata dalla lettura dei suoi scritti, o dalla visione dei suoi discorsi in televisione. Ma certamente il percorso di conversione si è basato sull’esperienza diretta con tante persone di buona volontà nell’ambito del cattolicesimo. Innanzitutto il rapporto con alcuni amici fraterni che ho in Comunione e Liberazione, e poi con religiosi semplici che non sono noti alla stampa o alle televisioni nazionali, ma che si caratterizzano per una straordinaria fede e una grandissima umanità. Quindi è stata principalmente l’esperienza diretta e la condivisione di valori con alcuni cattolici, religiosi e laici, ciò che mi ha convinto della bontà della religione che ho abbracciato. Tutto questo è stato acuito dal fatto di trovarmi a vivere in un contesto che mi vede oramai da cinque anni costretto ad una vita blindata per le minacce e le condanne a morte da parte degli estremisti e dei terroristi islamici, e che non potevano non impormi una riflessione profonda sulla realtà dell’Islam.
Un convertito, solitamente, opera sì una certa rottura con il proprio passato, ma mantiene anche una continuità. Ci sono, cioè, alcuni elementi della propria storia che solo con la conversione vengono portati a compimento. Che cosa, nel suo passato, può essere visto come una sorta di anticipazione di ciò che, nella conversione, ha trovato la propria pienezza?
Io sono stato sempre uno spirito libero, ho sempre difeso e ho sempre perseguito quei valori e quei principi che considero non negoziabili, assoluti, universali e trascendenti. Specificamente: la sacralità della vita, dal concepimento alla morte naturale; la dignità della persona; la libertà di scelta dell’individuo. Questi valori sono un patrimonio che io mi porto dentro e che rappresentano una continuità con il mio passato. Oggi questi valori albergano in un contesto totalmente compatibile, che è quella della religione cattolica, mentre in passato, in seno all’Islam, si ritrovavano in un contesto profondamente conflittuale, propri perché è una religione che nei confronti di questi valori non negoziabili ha una posizione ambigua o del tutto contraria.
Come risponderà ora alle critiche di chi l’ha sempre considerato un falso musulmano, o un cristiano sotto mentite spoglie?
Chiariamo che non esiste un prototipo di musulmano; non è che i musulmani corrispondano tutti quanti a un clone che si riproduce in modo automatico e acritico. Fin dai suoi esordi la realtà dell’Islam è una realtà che da un lato è profondamente conflittuale al suo interno, e dall’altro è estremamente parcellizzata, formata da una miriade di anime che non si rispettano. Ed è proprio questo fattore ciò che rappresenta l’essenza del male interno all’Islam, cioè la mancanza di rispetto reciproco, che porta a immaginare che si debba impiegare la violenza per imporre il proprio giudizio. Io non rappresentavo uno stereotipo, che peraltro esiste soltanto nella mente dei fanatici islamici; io ero e sono sempre stato me stesso. La gran parte dei musulmani che io ho conosciuto sin dalla nascita, negli anni Cinquanta in Egitto, sono musulmani che hanno un rapporto differenziato con l’aspetto cultuale e dottrinale dell’Islam.
Non teme che il Papa si sia esposto troppo con questo gesto coraggioso del Battesimo “pubblico” dato a un musulmano convertito? Non pensa che questo, anche concretamente, possa avere delle conseguenze?
Il Papa è stato ripetutamente minacciato e condannato dai terroristi e dagli estremisti islamici, così come ha ricevuto anche delle intimidazioni da parte di coloro che vengono rappresentati come musulmani moderati. Quindi non è certamente il “caso Magdi Allam” quello che metterà a rischio la vita o la sicurezza del Papa. La violenza degli estremisti e dei terroristi islamici è di natura aggressiva, non reattiva: non hanno bisogno di una motivazione particolare, di una causa specifica per manifestare la loro violenza. Lo farebbero comunque. Se c’è un evento, essi allora lo strumentalizzano per gettare ancora più benzina sul fuoco; ma sono violenti a prescindere da quello che succede.
Come cambierà ora la sua vita?
La mia conversione, avvenuta nella veglia pasquale a San Pietro dalle mani del Papa, è stato il dono più grande che io abbia mai avuto dalla vita. Proprio questa conversione attesta il fatto che erano del tutto infondate le menzogne che mi attribuivano, già da prima, un’identità cristiana. Si diceva, come già accennato: “è un cristiano che finge di essere musulmano, è un ipocrita che diffama l’Islam”. Io sono sempre stato me stesso e ho combattuto per affermare valori che rappresentano l’essenza della nostra umanità. Ho cercato di farlo da musulmano, e per quello che mi concerne il risultato è stato fallimentare; continuerò a farlo da cristiano cattolico, certo di poter fare questo percorso con tanti fratelli che condividono questi valori, questi principi e questi diritti.