Un’americana a Roma, ma non una qualunque: quando nell’autunno del 1946 Janet Flanner arrivò in Italia era già famosa come giornalista. Corrispondente da Parigi del New Yorker, aveva creato il mito di Parigi come ritrovo di artisti di tutto il mondo. Dopo aver seguito il processo di Norimberga ai gerarchi nazisti, non fece ritorno in Francia, ma partì per Roma per raccontare di come gli italiani stavano vivendo il dopoguerra. Il suo ritratto è stato fatto da Stefano Malatesta sulle colonne de La Repubblica, dove racconta che l’incarico si rivelò più difficile di quanto preventivato per la Flanner, perché gli italiani sembravano non aver perso la guerra. A differenza dei tedeschi, che provavano un senso di colpa autentico, gli italiani non ne provavano alcuno. Janet Flanner pensava di trovare una Roma in grande difficoltà e, invece, la città aveva superato la fame. Nessuno faceva riferimento al ventennio, se non per accenni sarcastici. Nessuno ammetteva di aver seguito o osannato il duce in Piazza Venezia. Un atteggiamento inizialmente inspiegabile per Janet Flanner, che ne venne a capo lanciando il termine “paraculo”. All’epoca le mamme dei ladruncoli preparavano i calzoni con delle imbottiture, in modo tale che non si facessero male cadendo dai camion pieni di merce. Così, dunque, facevano i romani con il loro fare scaltro e opportunista. Pian piano comunque la giornalista si abitò ai romani e agli italiani in genere, che gli apparivano più carichi di speranze dei francesi, i quali avevano risentito della brutta sconfitta militare.