Francesco Profumo, 58 anni, rettore del Politecnico di Torino fino al 2001 e poi presidente del Cnr, è il nuovo ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Fa parte della squadra di soli tecnici voluta dal nuovo premier Mario Monti. Roger Abravanel, manager formato in McKinsey, editorialista, membro del comitato scientifico di Confindustria, saluta con favore la nomina. Anche se esprime subito qualche perplessità sulle condizioni non facili nelle quali il neoministro si troverà a lavorare.
«Profumo? In realtà non è un accademico puro, perché prima dell’università ha lavorato diversi anni in Ansaldo. Vuol dire che sa bene come funziona un’azienda oltre che l’università. Dico sempre che la scuola e l’università sono la più grande azienda d’Italia… mi spiace per i sindacati, ma un po’ di sano aziendalismo è quello che ci vuole per la scuola italiana». Non ha dubbi, Abravanel, e ribadisce un concetto che non finisce di creare polemiche. «E’ così, perché azienda vuol dire premiare i capaci».
«Dunque, stiamo ai fatti. Quella di Profumo è un’ottima scelta, perché mi risulta che il Politecnico di Torino sia un’ottima università e che sia notevolmente migliorata durante la sua gestione. In più, da quel che ho capito, conosce anche il mondo della scuola».
Ma Abravanel non nasconde qualche preoccupazione. «Facciamo un passo indietro. Tra tutte le cose che deve fare questo governo, il problema di fondo è che non si può sapere quanto durerà. La sua durata dipende dalla lungimiranza di chi sta in Parlamento. Ora, delle cose che deve fare alcune sono a beve termine, vedi alla voce provvedimenti urgenti in materia economica, come ridurre la spesa pubblica e adottare misure per la crescita. Altre – fare le liberalizzazioni e riformare il mercato del lavoro – sono di medio termine. Ma per riformare la scuola e l’università ci vogliono, realisticamente, almeno dieci anni».
La vera domanda allora è cosa potrà fare Profumo in un’ottica di breve termine. Abravanel in proposito ha le idee chiare. «Il ministro Gelmini aveva avviato delle riforme alle quali ora occorrerebbe metter mano con molto più coraggio. La prima: fare la valutazione dell’università in maniera molto più incisiva. In altri termini, rivedere e potenziare il ruolo dell’Anvur, in modo da arrivare al più presto ad una classifica obiettiva, trasparente, pubblicabile sulla qualità degli atenei – che oggi non esiste».
E arriviamo alle scuole. «La seconda cosa da fare subito ci viene suggerita dalla lettera dell’Unione europea. I dati Invalsi, dice l’Ue e non io, indicano chiaramente che troppe scuole sono un disastro. Chiediamoci: che cosa ci fanno le scuole con quei dati? Occorre rendere subito trasparenti i dati dell’Invalsi, e obbligare ogni scuola a pubblicarli. Non si può fare più a meno di un processo di valutazione delle scuole il più univoco e trasparente possibile. Queste due riforme Profumo potrebbe farle nei prossimi sei mesi».
Ma c’è un altro capitolo dolente, ed è la macchina burocratico amministrativa che governa di fatto la scuola italiana e che fino ad ora non ha esitato a bloccare – o a gestire in proprio – il processo delle riforme. «Il nuovo ministro deve innanzitutto darsi una comunicazione efficiente e dire agli italiani, alle famiglie italiane, che il problema delle nostre scuole non è tanto il taglio dei costi – beninteso, è anche questo – ma soprattutto la qualità dell’insegnamento. Profumo deve portare dalla sua parte i genitori, che oggi loro malgrado hanno subìto l’alleanza conservatrice dei sindacati e di una parte degli insegnanti; il cui unico obiettivo è stata la resistenza corporativa a qualsiasi tentativo di riforma e di premiazione del merito».