Il decreto del “Fare” e in particolare la parte riguardante le risorse destinate alle assunzioni di 44.000 nuovi docenti nel triennio 2014/2017 mi consentono di ripetere per l’ennesima volta quanto sono contrario all’assunzione di nuovi docenti tramite le attuali procedure concorsuali. Sull’insensatezza di queste procedure consiglio di leggere il testo redatto da Patrizia Cocchi, sul sito lavoce.info che brilla per chiarezza e sostanzialità, due aggettivi che non hanno purtroppo nulla a che fare con la Scuola Italiana.L’occasione è ghiotta quindi per riproporre come la Scuola dovrebbe considerare l’utilità che genera per i cittadini, dotandosi delle risorse professionali migliori a questo scopo e incentivandole a lavorare al meglio,premiando il merito degli individui e delle singole istituzioni scolastiche. Invece, nella riedizione moderna delle peggiori paure di Max Weber, la scuola italiana continua a svolgere disinteressatamente e ostinatamente il ruolo di ammortizzatore sociale per persone indecise sul proprio futuro professionale, parcheggio per giovani disoccupati e riserva di caccia per editori, ignorando la mission per la quale è stata istituita.Ogni avanzamento tecnologico, come la digitalizzazione delle dispense online e l’uso dei nuovi media nella didattica, viene nella migliore delle ipotesi utilizzato per acquistare prodotti di ogni genere (proiettori, schermi, tablet…) senza aver capito bene come utilizzarli. La Scuola dovrebbe invece, prima di tutto, rivedere profondamente la sua dotazione professionale, la sua organizzazione interna e il modo in cui gestisce i propri fondi. Servirebbe un grande dibattito, interno ed esterno alla Scuola, per riscriverne abitudini e sopravvivenze culturali ormai inutili e dannose, con l’unica stella polare di dare un servizio utile al cittadino. In un mondo in cui la conoscenza viaggia rapidamente e in cui il singolo individuo può autonomamente approfondire informazioni di ogni genere, il docente dovrebbe essere un tutor con un fortissimo aggancio,anche professionale, con la realtà e il mercato del lavoro e con una grande abilità nell’utilizzare le tecnologie e le tecniche di didattica e di comunicazione.
La famiglia e lo studente dovrebbero invece crescere nella consapevolezza che hanno la responsabilità di scegliere la propria migliore formazione con autonomia, passione e impegno. Nella prassi invece questo non succede per nulla, impedito da ogni genere d’intralcio burocratico, costituzionale, legale e sindacale. Il tutto mescolato all’odiosa retorica di considerare il cambiamento come un attentato al valore della cultura e dell’istruzione.Anche l’istituzione dell’Invalsi, esempio senz’altro perfettibile di cultura della valutazione, è stato aggredito da ogni tipo di resistenza e disinformazione, in quanto la valutazione deve spettare, come in molti ambiti della società italiana, ad una cerchia autoreferenziale e protetta.Allo stesso modo le poche scuole private o paritarie che in modo pionieristico s’ingegnano per introdurre novità e innovazioni, vengono aggredite se ricevono piccolissime dotazioni economiche dallo stato.Dovrebbero secondo alcuni competere con l’offerta “gratuita” della scuola statale o meglio sparire del tutto.Prima di programmare nuove assunzioni, qualcuno all’interno della Scuola dovrebbe invece ragionare seriamente sul gap sempre più preoccupante che si registra rispetto al Resto del mondo e sugli effetti che questo avrà sul futuro dei giovani e del nostro Paese. La cultura e l’istruzione sono la base sulla quale costruire la nostra società e il nostro futuro, ma se non vengono gestire eticamente e in modo efficiente possono diventare la culla dell’ignoranza, della frustrazione e dell’impotenza, come i giovani, soprattutto quelli che non possono pagarsi master o scuole private, che hanno studiato negli ultimi vent’anni in scuole statali, hanno sperimentato abbondantemente sulla propria pelle. Compito dell’istruzione è anche di dare strumenti reali di equità e di mobilità sociale e non diritti vuoti ed auto referenziali. E ‘ un ruolo diventato difficilissimo. Non ci illudiamo che lo si possa affrontare semplicemente aggiungendo nuovi docenti, altrimenti non ci sarà futuro né per loro né per i loro studenti.