Nonostante il tatuaggio sia oggi una moda in continua e fortissima espansione, continua a essere malvista o vista come una sorta di devianza. Verrebbe da dire: porta in sé un tatuaggio indelebile. Gran parte di questa visione negativa riguardo la pratica del tatuaggio nella società occidentale deriva dalla nostra comune discendenza greca e romana. Gli antichi greci e gli antichi romani, infatti, consideravano “pratica barbara” il tatuaggio, per il semplice motivo che i cosiddetti barbari ne facevano ampio uso. Non solo: il tatuaggio veniva imposto agli schiavi, ai prigionieri e ai fuggiaschi come segno distintivo di quello che essi erano. I greci in particolare usavano tatuare la parola “stigma”, originariamente “serpente” ma che poi divenne di uso comune come segno di vergogna. I romani usavano il tatuaggio anche per differenziare gli appartenenti a una guarnigione militare rispetto a un’altra.
Il fatto che ancora oggi il tatuaggio sia, nella nostra società, emblema dei carcerati e dei soldati deriva proprio dalle usanze di romani e greci. In ogni caso, il tatuaggio ha sempre rappresentato un simbolo di appartenenza, e benché oggi sia di uso di massa, così è stato vissuto da chi lo ha reso tale, ad esempio i fan della musica rock. Tatuarsi il nome della propria band preferita era inteso come simbolo di appartenenza a una specifica classe di persone, una gang, una banda. Pochi sanno che la reintroduzione dell’uso del tatuaggio nella società occidentale la si deve ai monarchi e ai nobili della seconda metà dell’Ottocento. Furono gli esploratori naturalmente a imbattersi in popolazioni che facevano largo uso del tatuaggio. In particolare a Thaiti, dove Cook nel 1769 descrisse per la prima volta questa usanza e per la prima volta usò la parola “tattoo”, tatuaggio.
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Per l’esattezza la parola “tattow” come lui l’aveva sentita dagli abitanti delle isole del Pacifico. L’arrivo alla corte inglesi di alcuni di questi nativi, fece scattare quasi immediatamente la moda presso gli appartenenti alla famiglia reale. Il futuro re Giorgio V, durante una visita in Medio Oriente, si fece tatuare la Croce di Gerusalemme e durante una successiva visita in Giappone un dragone sull’avambraccio. Altri monarchi dell’epoca che fecero uso di tatuaggi furono il re Federico IX di Danimarca, il re di Romania, il Kaiser Guglielmo II, re Alessandro di Jugoslavia e anche lo zar Nicola II di Russia. Dai re ai nobili delle classi elevate europee il passo fu breve. La rivista Harmsworth, nel 1898, calcolò che un inglese su cinque aveva un tatuaggio.
I membri delle classi alte erano soliti trovarsi nelle grandi residenze estive dopo cena per mostrarsi fra di loro i rispettivi tatuaggi. Si dice che anche la severissima Regina Vittoria avesse un piccolo tatuaggio in una parte “intima” del corpo. Anche la famiglia Churchill amava i tatuaggi. Lady Randolph Churchill aveva un serpente tatuato attorno al polso, che era solita coprire con un braccialetto. E il figlio Winston, il futuro eroe vincitore della II guerra mondiale, aveva un’ancora tatuata sull’avambraccio. Ma il tatuaggio ritrova il suo antico significato di appartenenza grazie ai carcerati. A partire dall’Ottocento si diffonde l’abitudine di tatuaggi che altro non significano che appartenenza a questa o quell’altra gang e anche di identità, quella che il carcere vuole cancellare.
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Il tatuaggio come appartenenza a una gang dimostra chi sei, di quale gang fai parte, in che cosa credi, che cosa hai fatto, quanti anni dovrai passare in carcere e anche quante persone hai ucciso nella tua vita. Ad esempio tatuarsi gocce di lacrime sotto a un occhio stava a mostrare, a seconda del numero di gocce, quante persone avevi ucciso. Il primo negozio di tatuaggi del mondo occidentale viene aperto a New York nel 1846. Diventa subito il punto di riferimento per i militari arrivando a tatuare gli appartenenti a entrambi gli schieramenti della Guerra civile. Un certo Samuel O’ Reilly è l’inventore della prima macchina elettrica per tatuaggi, nel 1891. La rivista Life, nel 1936, stimò in dieci milioni gli americani che avevano un tatuaggio, circa il 6% della popolazione.
Un sondaggio effettuato nel 2003 ha triplicato questo numero portando al 16% la percentuale degli americani in possesso di almeno un tatuaggio. Nel luglio 2002, la parola “tattoos”, tatuaggi, era la seconda parola più ricercata su Internet. E i tatuaggi più richiesti? I cinque design più richiesti sono, nell’ordine, disegni tribali, croci, stelle, farfalle e fate. Il soggetto singolo più richiesto? Le donne, naturalmente. A recuperare infine la moda del tatuaggio, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, furono I musicisti rock e i loro fan. Essendo la musica rock inizialmente vista come qualcosa di sovversivo, di pericoloso, di fuorilegge, fu automatico l’identificarsi con i carcerati e il loro uso del tatuaggio.
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Ma l’esplosione del tatuaggio come fenomeno di massa si ha solo con l’avvento del punk a fine anni Settanta e quindi con la scena hardcore (che è una estremizzazione del punk) di Los Angeles a fine anni Ottanta. Simbolo – e uno dei musicisti rock più tatuati della storia – ne è Henry Rollins, leader dei Black Flag e in seguito anche poeta e attore hollywoodiano. Il suo corpo, già modellato da autentico palestrato, è interamente ricoperto di tatuaggi che lui ha modo di esibire quando fa i concerti, vestito solo di pantaloncini corti. Il logo della sua band, una bandiera nera stilizzata, è stato per anni uno dei tatuaggi preferiti dei fan di musica rock.
Infine, le tre religioni monoteistiche riguardo la pratica del tatuaggio hanno visioni diverse. Se gli ebrei e i mussulmani la vietano, perché vorrebbe dire corrompere quello che Dio ha creato con mani d’uomo, la chiesa cattolica non la condanna, a meno che essa non comporti uno spreco di denaro. Già nel medioevo alcuni monaci si facevano tatuare versi di preghiere, considerati segno del Divino.
(Paolo Vites)