Nel 1996 erano 500, dopo soli sei anni sono diventate 6.004: sono le charter schools americane, scuole autonome ma finanziate dagli Stati, fondate in base a una “carta”, o a un contratto, che viene negoziato tra gli organizzatori (di solito un gruppo di docenti e genitori) e le autorità locali. Operano a livello di distretto, sono legalmente e fiscalmente indipendenti e, pur essendo pubbliche, possono decidere autonomamente come organizzare e governare la scuola, come spendere i propri fondi, chi assumere, che cosa insegnare, come insegnarlo. Se i risultati non vengono ottenuti, la “carta” viene revocata, e la scuola non riceve più finanziamenti. “I risultati delle charter school sono più che promettenti. E potrebbero riformare tutto il sistema educativo”, dice a ilsussidiario.net Darren Burris, insegnante di scienze e matematica di Boston, esperto di charter school, consulente per lo Stato del Massachusetts.
Come sono nate le charter schools?
Sono nate per elevare la qualità dell’offerta scolastica in città e aree urbane in cui il sistema educativo aveva ottenuto in modo persistente risultati inferiori alla media. Non esiste un modello unico di charter, ma sono diversi a seconda dello Stato in cui si trovano (negli Usa le decisioni sull’educazione vengono prese dal singolo Stato). Tutte comunque sono finanziate con soldi pubblici.
Quando se ne è sentito il bisogno?
Durante gli anni Ottanta un rapporto di ricerca rivelò che l’educazione americana stava andando male rispetto ad altre nazioni. Che qualcosa non andasse come doveva nel sistema pubblico educativo era comunque già chiaro nelle famiglie.
Cosa accadde poi?
Negli anni Novanta è stato adottato uno standard di valutazione internazionale della preparazione degli studenti e alla fine degli anni Novata-inizio Duemila per la prima volta è stato stabilito quale fosse lo standard minimo. Un processo lungo e una scelta dei criteri con cui valutare affatto facile.
…ma che ha permesso di porre il problema…
Sì, infatti a questo punto, di fronte a dati oggettivi, trasparenti, il bisogno di correggere la situazione è stato trasformato in progetti educativi che gruppi di famiglie ed educatori hanno presentato alle autorità locali.
L’obiettivo delle charter è solo garantire uno standard educativo-formativo accettabile?
Non solo. Esiste in questo tipo di scuole una forte spinta innovativa. Non si tratta solo di iniziative per elevare il livello dell’offerta formativa del settore gestito dagli Stati, ma anche per mettere in campo qualcosa di nuovo, avere più libertà nell’operare, ed anche creare best practices da condividere con tutto il sistema educativo.
Che rapporto hanno con l’offerta pubblica tradizionale?
Le charter schools sono una piccolissima percentuale (in Massachusetts sono solo il 4 per cento), e ovviamente non hanno lo scopo di rimpiazzare l’educazione degli Stati, ma io credo che rappresentino un’importante possibilità di innovare tutto il sistema.
Come vengono accolte dalle famiglie?
Le famiglie vedono le charter come una scelta alternativa alle scuole statali, spesso non sanno se quella scuola sarà meglio o peggio per i loro figli, ma vogliono provare qualcosa di nuovo, di diverso. Il sistema educativo tradizionale è considerato, se non completamente inefficace, almeno mal-funzionante e vogliono avere la possibilità di provare un altro tipo di scuola. E’ anche una questione di mentalità.
In che senso?
Negli Stati Uniti la spinta al nuovo è molto sentita. C’è un’idea generale diffusa: se le cose non funzionano non si può non provare qualcosa di diverso. Inoltre la gente ritiene che si debba dare maggior libertà d’azione e per questo sono disposte a dare in cambio maggiore responsabilità.
In cosa si concretizza questa responsabilità?
A fronte di maggiore libertà e autonomia per ottenere risultati migliori delle scuole tradizionali, e continuare a ricevere finanziamenti dal governo, le scuole si sottopongono al controllo dello Stato che verifica se i fondi sono usati in modo corretto e se il progetto educativo concordato è stato attuato. La responsabilità naturalmente è anche nei confronti degli studenti, nel monitoraggio della loro preparazione.
Le charter schools hanno un’ispirazione religiosa?
Negli Usa nessuna istituzione pubblica, finanziata da fondi pubblici può avere un’affiliazione religiosa (Primo emendamento della Costituzione). La legge del Massachusetts in fatto di charter school dice espressamente che questo tipo di scuola non può essere costituito da chi ha un’affiliazione religiosa. Comunque negli Stati Uniti il rapporto tra educazione religiosa e charter non è sempre stato semplice.
In che senso?
A Boston per esempio molte famiglie scelgono una scuola cattolica per i propri figli solo per avere un’educazione migliore. Adesso che molte charter schools stanno avendo ottimi risultati, quei genitori che vogliono avere la possibilità di scegliere scelgono le charter invece che le scuole cattoliche. E’ stato un rapporto difficile, ma nella mia esperienza anche molto positivo.
Che esperienza ha fatto?
La mia scuola è un partner della scuola cattolica locale di Boston, la Cristo Rey. Una volta al mese i nostri insegnanti di matematica incontrano i loro, parlano di quello che insegnano, di come lo insegnano, dei ragazzi, che spesso vengono dallo stesso quartiere e per i quali facciamo fronte alle stesse sfide. Sentiamo di avere una missione comune servendo questi ragazzi e da entrambe le parti vogliamo fare del nostro meglio lavorando insieme.
Come si finanziano le charter schools?
Ogni charter school funziona diversamente da un punto di vista finanziario. In tutti gli Stati il governo cittadino dà un certo sovvenzionamento per studente. La mia scuola, a Boston, riceve gli stessi fondi (sempre per studente) di una scuola pubblica.
I fondi che ricevono sono sufficienti?
Alcune charter schools cercano di portare avanti la loro attività con i fondi pubblici che ricevono, vantando una gestione efficiente a fronte comunque di un’offerta educativa competitiva; altre cercano ulteriori finanziamenti per poter offrire più servizi, quali la cena, giornate più lunghe, gite scolastiche, oppure comprano gli strumenti per i corsi di musica. Dipende da scuola a scuola ed anche dalle leggi dello Stato in cui si trovano.
Tutto positivo? C’è qualcosa che secondo lei non va nelle charter schools?
Penso che non abbiamo ancora riflettuto appieno su quello che abbiamo imparato in questi anni e su come possiamo condividerlo a un livello più ampio, in modo da migliorare la scuola per tutti. Il movimento delle charter schools forse è andato avanti troppo velocemente e non ha ancora potuto rispondere a questa missione, però non c’è dubbio che i risultati sono più che promettenti.
(Silvia Becciu)