Come si accorda la ricerca sui materiali polimerici con l’arte ed il design? Come una collezione di oggetti in plastica diventa una Fondazione, poi un Museo, e infine un centro di ricerca con al centro il design? Lo abbiamo scoperto alla Fondazione Plart di Napoli dove pochi giorni fa è stata inaugurata “Plastiche Alchemiche” la nuova sezione multimediale e interattiva dell’esistente Museo dedicato a “Plastiche ed Arte”. Ne abbiamo parlato con Maria Pia Incutti, che del Plart è ideatrice, fondatrice e cuore pulsante, e Marco Petroni, che nella Fondazione riveste il ruolo di curatore e responsabile della comunicazione.
Dottoressa Incutti da dove nasce il Pl-art?
Il Pl-art nasce dalla mia storia personale di collezionista d’arte moderna e contemporanea alla quale nel corso degli anni ho affiancato una collezione di oggetti in plastica. Ho intuito circa 30 anni fa che questi oggetti potessero interessare un vasto pubblico ed essere riconosciuti come bene culturale per la loro capacità di raccontare la nostra storia (usi, costumi, forme ecc). Nel tempo ho raccolto circa duemila oggetti di colori, forme e materiali più diversi. Un’intuizione che nel tempo ha generato l’interesse di importanti istituzioni museali internazionali. Infatti la collezione è stata ospitata a San Paolo del Brasile, in Francia a Parigi e St. Etienne. Da questi rilevanti segnali di interesse ho pensato di mettere a disposizione della collettività questo straordinario patrimonio in particolare dei giovani. Nasce così la Fondazione Plart a cui ho donato tutti i miei oggetti e successivamente il Museo riconosciuto di interesse regionale.
Quali sono i rapporti del pl-art con l’Università e la ricerca?
Negli anni ho notato che molti oggetti della collezione erano soggetti a processi di degrado, in particolare gli artefatti in plastica presintetica. Un degrado profondo che ha generato la necessità di un intervento di restauro e conservazione, ma sull’argomento non esistono particolari protocolli d’azione. Da qui nasce la domanda come si può conservare questo patrimonio?
Ho parlato molto con i miei amici dell’Università di questa esigenza sentita anche da musei, collezionisti privati, operatori del mondo artistico. Nasce così il progetto sulla conservazione degli oggetti in plastica nell’arte e nel design. La realizzazione di un laboratorio interno dotato di sofisticati macchinari di rilevazione e mappatura degli oggetti ci permette quotidianamente di approfondire la ricerca sulle metodologie non distruttive per la conservazione degli artefatti realizzati in materiale polimerico deteriorati dal tempo. Procediamo sullo sviluppo di protocolli d’intervento che realizziamo in collaborazione con importanti centri di ricerca nazionali e internazionali.
Dottor Petroni, che cos’è “Plastiche Alchemiche”?
Plastiche Alchemiche più che un ampliamento spaziale della Fondazione Plart è stata immaginata e declinata come una vera e propria piattaforma culturale e relazionale. Il progetto nasce da uno scambio e da una progettazione avviata con Interaction Design Lab una società specializzata nel risolvere problemi tecnologici attraverso un approccio transdisciplinare. In Id.Lab lavorano infatti architetti, ingegneri, designer,artisti. Un museo della contemporaneità deve essere una piattaforma culturale e relazionale. Noi lavoriamo in questo modo, in questo intreccio di relazioni, la costruzione e la capacità di costruire network per noi è il futuro di una struttura museale.
Come si sono instaurate queste relazioni?
Le relazioni sono state immaginate come una rete che aveva al centro Napoli e la possibilità di declinare questa nuova sezione multimediale e interattiva. Una finestra sul mondo che nella sua apertura ha coinvolto la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, l’Università di Dundee con Elio Caccavale e tre studenti del suo corso, lo Iuav di Venezia e altri designer interessati a seguire il progetto.
Ci racconta della partecipazione del pl-art al recente Salone del Mobile di Milano?
Siamo reduci da un successo insperato al Salone del Mobile con il lavoro fatto con FormaFantasma, designer italiani che lavorano a Eindhoven in Olanda. In una collezione di oggetti espressamente disegnati per il Plart denominata “Botanica” i designer di FormaFantasma danno la loro personale interpretazione dei materiali plastici.
È stata giudicata dal New York Times una delle mostre più belle del Salone del Mobile. Partecipare ad una kermesse internazionale di tale livello e riuscire ad emergere con un progetto che parte da Napoli è motivo di orgoglio. È anche conferma che la strada che stiamo seguendo è quella giusta: relazioni ma anche attenzione all’ambiente.
Plastiche Alchemiche e la collezione realizzata con FormaFantasma si muovono nella direzione della sostenibilità. Sostenibilità relazionale, culturale e progettuale. Questo è un po’ il senso del nostro operare ed è un po’ una finestra aperta sul futuro. Un futuro, sicuramente, di forte relazione col territorio ma con uno sguardo proiettato nel mondo.
(a cura di Renato Pelella)
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