Se lo scheletro interno, per qualche malattia o per eventi traumatici, non riesce più ad assolvere alla sua funzione di sostenere la postura umana eretta, si può ricorrere a uno scheletro esterno, ad un esoscheletro. Ovviamente artificiale, o meglio robotizzato, con tutte quelle prerogative che la robotica attuale, soprattutto quando è applicata in campo biomedico, riesce ad offrire.
È un’esperienza che si sta diffondendo e nei giorni scorsi è stato possibile vederne una efficace dimostrazione in Fieramilano durante la manifestazione Robotica 2012. Presso lo stand di Ekso Bionics persone paraplegiche a turno passavano dalla sedia a rotelle su una sedia e, aiutati da un fisioterapista, indossavano dapprima i supporti per gli arti inferiori poi quelli per il busto; dopo di che si alzavano in piedi e muovevano alcuni passi in completa autonomia, col solo ausilio di due stampelle intelligenti.
La tuta esoscheletrica è complessa ma meno pesante e meno scomoda dell’armatura di un guerriero medievale. Come funziona? Appartiene alla categoria dei cosiddetti robot indossabili (wearable robot): è un sistema articolato dotato di quattro motori elettrici che azionano speciali “ossa sintetiche” in acciaio e carbonio applicate alle gambe e fornite di sensori computerizzati per il movimento; tramite i sensori il sistema riconosce le intenzioni dell’utente in tempo reale e calcola e poi compie i movimenti corrispondenti. L’esoscheletro Ekso è regolabile in altezza, con semplici e rapide operazioni come si è visto in Fiera: da 1 metro e 57 centimetri a 1 metro e 88 centimetri, e può supportare un peso fino a 100 chilogrammi. L’insieme è alimentato con batterie che hanno una durata di quattro ore.
La Ekso è un’azienda americana, fondata nel 2005, che ha iniziato a sperimentare i robot indossabili su militari vittime di lesioni spinali ma ben presto ha ampliato le applicazioni ai civili a partire dalle attività di riabilitazione di pazienti con problemi motori. Non si deve pensare subito che così i paraplegici camminino da soli. C’è ancora molta strada da fare per questo obiettivo. Anzitutto al livello tecnologico attuale l’esoscheletro non va bene per tutti: lo possono utilizzarlo solo coloro che hanno determinati requisiti, una certa intensità della lesione midollare. L’uso per ora è possibile unicamente in centri specializzati per la riabilitazione.
Ed è proprio la riabilitazione il campo dove meglio si possono vederne i vantaggi: si sta constatando che la riabilitazione assistita da un esoscheletro diventa più efficace e in alcuni casi porta a situazioni di recupero delle facoltà motorie prima impensabili. Ormai Ekso è utilizzato in una quindicina di centri di riabilitazione del mondo; tra questi, primo in Europa, c’è l’Istituto Prosperius Tiberino di Umbertide (Perugia), dove da alcuni mesi l’esoscheletro Esko è entrato in funzione dopo una fase di addestramento del personale specializzato.
Come ha dichiarato il professor Paolo Milia, responsabile dell’area neurologica del Prosperius, che è intervenuto anche a un convegno in Fiera: «L’obiettivo nel 2013 è quello di poter applicare la tecnologia anche ad altre patologie, per esempio migliorare la riabilitazione dell’ictus, del Parkinson e tutte quelle patologie demielinizzanti, ma soprattutto ai malati di sclerosi multipla. Poi si spera di fare lo step successivo, ovvero nel 2014 contiamo di mettere in pratica un modello per l’utilizzo domiciliare, così che ognuno possa essere autonomo».
L’azienda americana nel frattempo continua a migliorare le prestazioni del sistema, raccogliendo anche le indicazioni che provengono dalle prime applicazioni nei contesti più diversi. Quella mostrata a Milano è una versione aggiornata appena lanciata, con opzioni che consentono ai pazienti di gestire con maggiore autonomia e controllo l’esoscheletro, progredendo gradualmente. Il nuovo Ekso è dotato inoltre di EksoPulse, un monitor collegato alla rete wireless che raccoglie dati durante l’uso dell’esoscheletro, fornendo preziose informazioni ai medici.
In prospettiva, come segnala Miguel A.L. Nicolelis sull’ultimo numero de Le Scienze, c’è la possibilità che, ad esempio, una persona paraplegica riesca a controllare il funzionamento dell’esoscheletro che “indossa” inviandogli segnali captati con appositi sensori dalla superficie della corteccia cerebrale. Un test particolarmente eloquente potrebbe essere proiettato in mondovisione durante la Coppa del Mondo di calcio del 2014 in Brasile se, come preannuncia Nicolelis, un disabile adolescente con un esoscheletro realizzato nel laboratorio di neuroingegneria della Duke University, darà il calcio di inizio alla cerimonia di apertura.