Lo sviluppo di un individuo è uno di quei processi che ci lascia ancora stupiti e meravigliati. Un processo complicato e affascinante. In questa serie di eventi che portano alla formazione di una nuova persona possiamo distinguere fondamentalmente due differenti stadi: embrionale e fetale. Nel primo stadio abbiamo la formazione dei diversi organi che costituiranno il corpo mentre nella seconda fase, che parte circa dal terzo mese di gravidanza, si ha una situazione di accrescimento delle strutture che si sono formate nei mesi precedenti.
La professoressa Graziella Messina dell’Università Statale di Milano, insieme al suo team di ricerca e supervisionata dal Professor Giulio Cossu del San Raffaele di Milano, ha analizzato in particolar modo le differenze nello sviluppo dei muscoli durante questi due stadi. I risultati della ricerca sono stati da poco pubblicati sulla rivista Cell.
«Lo sviluppo della muscolatura scheletrica – spiega Messina – (ovvero la muscolatura che ci permette i movimenti volontari), avviene attraverso differenti fasi in cui vengono espressi diversi geni». Questo processo di sviluppo viene chiamato miogenesi. La miogenesi embrionale è caratterizzata dall’espressione di alcuni geni che conferiscono ai muscoli particolari caratteristiche nettamente differenti da quelle adulte.
Nella miogenesi fetale invece vengono espressi quei geni che conferiranno ai muscoli le caratteristiche tipiche della fase adulta. In sostanza, lo sviluppo dei muscoli, prevede che si “accendano e spengano” diversi geni nel momento giusto.
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«Il nostro studio – continua Messina – ha identificato per la prima volta quale sia il gene che regola il passaggio da miogenesi embrionale a miogenesi fetale, ovvero quello in grado di accendere e spegnere tutti gli altri: il gene Nfix». Gli studi si sono svolti utilizzando due differenti approcci. Il primo si è basato sull’analisi in vitro di cellule in via di sviluppo. I risultati ottenuti sono poi stati confermati nel secondo approccio tramite un modello animale.
I ricercatori, eliminando il gene Nfix in topi geneticamente modificati, hanno ottenuto animali con anomalie muscolari. «I topi senza questo gene – spiega Messina – sono risultati più piccoli e con una muscolatura poco sviluppata. Quando invece abbiamo provato a far funzionare il gene in maniera precoce, ovvero durante la miogenesi embrionale abbiamo ottenuto topi più sviluppati nel momento sbagliato».
Due dati dunque fondamentali per affermare che il gene Nfix è il fattore chiave nel passaggio da muscolatura embrionale a fetale. Questo notevole risultato è il coronamento di quattro lunghi anni di lavoro di un progetto considerato di ricerca di base. Purtroppo la ricerca di base, ovvero quella che non ha un’immediata ricaduta a livello terapeutico, viene sempre più spesso messa nell’angolo.
Bisogna però ricordare che le ricadute a livello terapeutico sono possibili grazie alle conoscenze acquisite che derivano proprio da questo tipo di ricerca. E di ricadute terapeutiche, almeno non nell’immediato, ne ha anche lo studio della dottoressa Messina. Il gene Nfix è espresso in maniera massiccia anche nelle cellule adulte muscolari che hanno un ruolo fondamentale nel rigenerare il tessuto muscolare. Queste sono le cosidette cellule satelliti, che sono considerate le cellule staminali del muscolo adulto. Attualmente il gruppo di ricerca della dottoressa Messina sta analizzando l’effetto di Nfix nella miogenesi post-natale. «Se l’effetto di Nfix fosse fondamentale anche nel muscolo adulto – conclude Messina – è plausibile pensare ad una ricaduta terapeutica nel trattamento di patologie come ad esempio le distrofie muscolari».
(a cura di Daniele Banfi)