La parola sinergia si coniuga bene con energia; e ciò sembra accadere ancor più al Politecnico di Milano dove la recente inaugurazione di nuovi Laboratori del Dipartimento di Energia è stata vista dal Direttore del Dipartimento Fabio Inzoli come un ampliamento delle «possibilità di collaborazione con le diverse realtà del mercato e tra istituti di ricerca. Collocandosi al Campus Bovisa, creano inoltre una fertile sinergia con gli altri Laboratori del Dipartimento presenti nella sede».
Di cosa si tratta? Parliamo di 6000 metri quadrati di laboratori integrati d’avanguardia per l’Ingegneria delle Reazioni Catalitiche e per l’Ingegneria Nucleare quindi sono dedicati alla ricerca nucleare e a quella energetico-chimica in cui l’Ateneo è all’avanguardia sia in Italia che in Europa. Tra le dotazioni di punta a livello internazionale vi sono una camera per irraggiamenti e una per gli studi su idrogeno, CO2 e produzione di carburanti sintetici.
Il professor Inzoli ha illustrato a ilsussidiario.net la struttura del Dipartimento e il ruolo che giocheranno i nuovi laboratori. «Siamo in presenza di una struttura interdisciplinare, che considera il mondo dell’energia nella su complessità e nella sua continua evoluzione. Si compone di cinque sezioni con specifiche competenze: Ingegneria Elettrica, Ingegneria Termica e Tecnologie Ambientali, Macchine – Propulsione – Sistemi energetici, Tecnologie e processi chimici e Nanotecnologie, Ingegneria Nucleare». In queste ultime due si collocano i nuovi laboratori. La parte chimica si occupa dell’ingegneria delle reazioni catalitiche, quindi: preparazione e caratterizzazione di sistemi catalitici, applicazione di catalizzatori e reattori strutturati all’intensificazione di processo, catalisi computazionale; «abbiamo poi attività di ricerca indirizzate alla produzione di idrogeno e gas di sintesi, utilizzando tecnologie catalitiche basate sull’ossidazione parziale e il reforming di idrocarburi e combustibili rinnovabili. Come pure studiamo processi catalitici eterogenei per la trasformazione del gas di sintesi in prodotti ad elevato valore aggiunto, quali combustibili liquidi o prodotti chimici. Alcuni di questi laboratori sono attrezzati per lavorare sulla CO2 e per la sua conversione in prodotti di interesse a livello industriale: l’idea base è quella di riutilizzare la CO2 per qualche altro tipo di prodotto: dai fertilizzanti ad altri prodotti chimici che hanno nel carbonio il componente principale».
Quando si parla di catalisi, viene subito in mente la marmitta catalitica dei veicoli; nei nuovi laboratori del Politecnico c’è posto anche per ricerche volte, ad esempio, a realizzare nuove matrici per convertitori catalitici con nuove geometrie che consentono di ottimizzare le prestazioni e insieme ridurre gli ingombri: «sono attività condotte in collaborazione con le principali case automobilistiche europee; in modo speciali nel settore dei diesel, ma non solo».
Infine Inzoli cita le ricerche sull’elettrocatalisi, cioè la produzione di idrogeno dalla scissione della molecola di acqua mediante processi fotoelettrochimici per poi utilizzarlo nelle celle a combustibile.
Per quanto riguarda l’area nucleare, i nuovi laboratori coprono diverse tematiche: «come le misure nucleari: abbiamo quindi la sensoristica e la strumentazione per la misura di radiazioni; e abbiamo anche sviluppato sensori adatti ad essere indossati dall’operatore per quantificare le radiazioni assorbite durante le attività lavorative e quindi contribuire alla protezione e sicurezza ad esempio in ambito clinico». C’è poi la parte relativa alle misure di radiazioni ionizzanti e alla radioprotezione, dove si applicano tecniche e strumenti avanzati come la macchina tipo Quantulus 1220 per la cosiddetta scintillazione liquida, o le camere radon, o l’irraggiatore gamma autoschermato.
C’è un laboratorio per misure e modellizzazione dei processi di migrazione e adsorbimento di sostanze contaminanti tossiche e/o radioattive in mezzi porosi naturali e artificiali. E c’è anche una parte dedicata all’Elettronica Nucleare, dove si svolgono progetto, sviluppo, caratterizzazione e prototipazione di strumentazione elettronica per la rivelazione e la misura delle radiazioni per applicazioni scientifiche e civili.
«Abbiamo quindi tutte le competenze e tutta la strumentazione che potranno fornire un utili supporto nel prossimo futuro per il decommissioning degli impianti nucleari; anche se non siamo direttamente coinvolti nel processo di decisione per la scelta dei siti adeguati per il deposito delle scorie: questa è un’operazione che è stata svolta dall’Ispra e dalla Sogin».
È doveroso ricordare che nel settore nucleare il Politecnico di Milano è presente in modo qualificato dalla fine degli anni ’50: «Abbiamo avuto il primo reattore sperimentale italiano e abbiamo un’esperienza consolidata e riconosciuta. Il CESNEF (Centro Studi Nucleari “Enrico Fermi”), che è parte integrante del Dipartimento di Energia dal 2008, è il più grosso centro di ricerca del settore in Italia ma è comparabile con i principali centri europei: qualcosa di simile al nostro si può trovare forse solo in Inghilterra». Il Centro è in grado anche di sviluppare dei rilevatori per radiazioni e per questi, come Politecnico, ha ottenuto anche dei brevetti; uno di questi, del quale è stata sviluppata tutta la parte prototipale anche a livello di componentistica elettronica, è stato recentemente acquistato dai francesi per l’impiego nelle loro centrali.
Inzoli è particolarmente affascinato da ciò che si svolge nella parte dedicata alla radiochimica: «dove si riescono ad eseguire misure di tipo radiometrico su tracce di prodotti nucleari con sensibilità ben superiori a quelle utilizzate in ambito industriale. Le nostre strumentazioni sono indubbiamente d’avanguardia e particolarmente adatte per la caratterizzazione di prodotti e rifiuti: siamo in grado di rilevare qualsiasi traccia, anche la più piccola, di qualsiasi prodotto».