Rispolverare la categoria della perversione, tenuta in vita ormai solo dalla psicoanalisi, per inquadrare l’episodio della lezione di sessualità proposta ai bambini di quinta elementare in quel di Modena — ne hanno parlato i giornali locali e nazionali nei giorni scorsi — potrà forse sembrare eccessivo. Ma provare a intendere i fatti sotto questa luce potrebbe non essere né inutile né obsoleto.
Pervertire significa dirottare la finalità di un’azione trasformandola da benevola e benefica a malevola e dannosa, o potenzialmente tale. Sarebbe tale l’azione di un medico che sotto il mantello della protezione della salute perseguisse lo scopo di indebolirla e fiaccarla gravemente. O lo sarebbe l’azione di un magistrato che utilizzasse la sua carica e il suo sapere della legge per perseguire il proprio “particulare”, o per nascondere o commettere degli illeciti. È il caso stigmatizzato nell’episodio biblico di Susanna e i vecchioni, che non erano semplicemente due libidinosi voyeur, ma due magistrati che per ottenere i favori sessuali della ragazza, la ricattavano con la minaccia di testimoniare il falso presso il potente marito, accusandola di adulterio. Reato meritevole della morte per lapidazione. Non a caso l’episodio è narrato nel libro dei Giudici e neppure è fortuito che Daniele, il difensore di Susanna, fosse a sua volta un giudice.
Andiamo per gradi. Ai bambini di una quinta elementare della scuola Sant’Agnese di Modena viene sottoposto nell’ultima settimana di scuola un libricino come guida per un’articolata lezione di educazione sessuale, corredata da spiegazioni in forma di racconto e da immagini con disegni espliciti di atti sessuali. Il tutto a coronamento, come spiega la preside intervenendo sui media, di una attività programmata e concordata per tempo con i genitori, presumibilmente per provare ad attutire l’impatto con la scuola media, dove i bambini non sono più bambini e l’accesso ai media attraverso internet diventa, per la più parte, free.
Il registro scelto dall’insegnante e dalla scuola non è quello neutro delle scienze che parte dai piselli di Mendel per arrivare all’uomo e alla donna e alle leggi che governano la riproduzione della loro specie. È invece molto più caldo: un registro psico-educazionale che vorrebbe aiutare i bimbi a comporre in armonia (almeno nella loro mente) affettività e sessualità. Il fil rouge della lezione è appunto il racconto di un uomo e una donna che scoprono di piacersi, “parlano, giocano, fanno passeggiate e vanno al cinema”. Dunque “si baciano e si accarezzano in tutto il corpo, esprimo con parole affettuose il loro amore”. Poi segue la descrizione in dettaglio della penetrazione “allora il pene dell’uomo diventa grande e duro e la vagina della donna si inumidisce: per tutti e due è molto bello quando la donna fa penetrare il pene rigido dell’uomo nella sua vagina”. “Alcuni chiamano questi momenti fare l’amore”.
Più avanti il fascicoletto suggerisce ai bambini che quei due potrebbero essere il papà e la mamma e che gli stessi bambini potrebbero avere già qualche indizio dell’attività sessuale per aver sentito quei rumori, segno di intenso piacere, provenire dalla camera da letto dei loro genitori.
Eccoci a quella che Freud chiama “la scena primaria”, ovvero il trovarsi del bambino al cospetto — diretto o indiretto — del rapporto sessuale dei genitori. Tuttavia la “scena primaria”, per quanto esplicita, e tanto più quanto il bambino è piccolo, rimane un’incognita per chi la osserva. Vuoi perché non è affatto immediato per il bambino interpretare quei gemiti escludendo ad esempio che si tratti di una violenza inferta o subita, vuoi perché l’eccitamento che promana da quella fonte rimane per lui oscuro, giungendo con incredibile anticipo sia rispetto alla sua esperienza sia rispetto a quella che Freud chiama “la seconda fioritura della sessualità” dopo il periodo di latenza, coincidente con la pubertà.
Motivo per il quale — oltre ad altri che ora ometto per brevità — è davvero poco probabile (al di là delle buone intenzioni) che la scena primaria provocata e “somministrata” per via educativa possa funzionare come vaccino contro la sessualità separata dall’affetto che il precoce spettacolo della pornografia esibisce.
Ma è anche su un altro punto che la lezione voluta dagli adulti a protezione dei più piccoli, senza neppure il cenno di una loro esplicita domanda, si espone al rischio di perversione, favorendo delle contro-finalità ingenuamente non considerate. Questo aspetto riguarda il promuovere, autorevolmente, per via educativa, una duplice illusione: che il godimento sessuale rappresenti il vertice della relazione uomo donna e non una sua (pur importante) componente; e che l’amore tra l’uomo e la donna avvenga in modo spontaneo, senza la drammatica (e mai scontata) messa in gioco della vicenda di due soggettività che dovranno imparare a stare insieme, mettendo a frutto le proprie diversità di cui quella sessuale è l’emblema.
Senza questo lavoro sarà ben difficile che per l’uomo e la donna del racconto, permanga, anche in seguito, un qualche interesse per la (reciproca) penetrazione, quella sessuale inclusa.