Affrettiamoci ad amare è il titolo della raccolta di poesie di Jan Twardowski (Varsavia 1915-2006), che Marietti ha recentemente pubblicato. La figura del poeta è molto nota in Polonia, tanto che il verso Affrettiamoci ad amare le persone se ne vanno così presto è diventato nella sua patria un popolarissimo adagio. Amava umilmente definirsi “il prete che scrive poesie”, convinto di un famoso detto di Karol Wojtyla: È una grande signora la poesia, ripreso ironicamente da un altro sacerdote e poeta polacco, Janusz Pasierb: È una grande signora la poesia / e capita di rado in sacrestia.
Il suo apprendistato poetico risale ai primi anni Trenta, molto prima dell’ordinazione sacerdotale, avvenuta solo nel 1948. L’attività pastorale e la preghiera che l’accompagna, lo sguardo puro sulla creazione e la conoscenza dell’animo umano data a molti sacerdoti alimentano in Twardowski la giovanile esperienza poetica. L’infanzia serena, la figura della madre, il contatto con la natura durante le vacanze, la predilezione per le fiabe di Andersen, il silenzio lungo l’inverno staliniano, l’umiltà del servizio sacerdotale donano alla sua poesia il tono sereno di una religiosità schiettamente umana, non clericale e non retorica. In questo modo egli serve la grande signora e il grande Signore, fedele a entrambi.
Si direbbe che prediliga il tono medio della quotidianità, fatto di percezione delle cose comuni e di tutto ciò che vive e che è amato da Dio. Le sue sono poesie timide e scalze, che non hanno la pretesa di convertire: parlano della neve, degli animali, dell’attesa nelle stazioni ferroviarie, dei bambini ritardati ai quali insegna e indicano al lettore la via della preghiera nascosta dentro le cose: il Signore sa già tutto anche in piena notte. Poiché la sua fede è semplice e non saputella e poiché egli chiede di essere mediocre purché trasparente, può sorridere delle sottigliezze teologiche e non affliggere il Signore come tanti che sono come il catechismo /ad ogni domanda /devono avere per forza una risposta.
Attraverso l’umorismo salva la tenerezza. Anche l’assenza quasi completa della punteggiatura segnala uno sguardo pacato e ugualmente attento a tutti gli aspetti della vita, come ad esempio in Giustizia, una poesia dedicata a una sua collaboratrice nella lettura della Bibbia.
Se tutti avessero quattro mele ciascuno
se tutti fossero forti come cavalli
se tutti fossero egualmente inermi in amore
se ognuno avesse le stesse cose
nessuno sarebbe utile a nessuno
Grazie perché la Tua giustizia è ineguaglianza
quello che ho e quello che non ho
persino quello che non ho a chi dare
è sempre utile a qualcuno
è notte perché poi sia giorno
buio perché splenda una stella
c’è l’ultimo incontro e la prima separazione
preghiamo perché altri non pregano
crediamo perché altri non credono
moriamo per coloro che non vogliono morire
amiamo perché ad altri si è raffreddato il cuore
una lettera avvicina perché un’altra allontana
gli ineguali hanno bisogno gli uni degli altri
è più facile per loro capire che ognuno è per tutti
e cogliere l’insieme.