Da un sondaggio di Skuola.net risulta che uno studente maturando su 4 non finirà i programmi di storia, per cui il Novecento rimarrà per i giovani d’oggi un grande misconosciuto. Lo confermo. Io, insegnante di storia, confermo che gli studenti della classe quinta in cui insegno non finiranno i programmi di storia del Novecento. La responsabilità di questa inadempienza è solo mia, e viene dal fatto che mi piace approfondire le tematiche, valutarle insieme agli studenti per formare una coscienza critica, ed è ancor più pesantemente mia perché non riesco a trattenermi dall’utilizzare il cinema come mezzo per affrontare alcuni nodi della storia: ad esempio quest’anno ho visto con la mia classe “La masseria delle allodole” sul genocidio del popolo armeno, “Joyeux Noël” sulla prima guerra mondiale, “Il delitto Matteotti” su uno dei casi di omicidio politico ancora aperti per quanto riguarda il mandante, poi la fiction televisiva su Jan Palach in preparazione del viaggio di istruzione a Praga, per non parlare dei tanti documentari Luce o delle inchieste di “La storia siamo noi”.
Non c’è nulla da dire a mia difesa. Sono responsabile di non essere riuscito a svolgere tutto il programma, e ai miei studenti devo chiedere scusa per aver loro sottratto almeno mezzo secolo di storia; sono proprio amareggiato, perché non sono riuscito a ripensare a come insegnare storia in modo da svolgere il Novecento integralmente. E dal prossimo anno sarà peggio, perché le attuali tre ore settimanali diventeranno due, quindi finire il programma sarà un’impresa impossibile.
Questa è la situazione dell’insegnamento della storia. La denuncia di Skuola.net colpisce nel segno, è vero, io per primo non sono riuscito a svolgere il programma e non vi sono riuscito perché amo la materia e non riesco a svolgerla in modo nozionistico o a pillole, ma un argomento mi piace analizzarlo bene e giudicarlo.
Sono doppiamente colpevole perché non ho capito quello che la scuola d’oggi chiede: semplificare l’insegnamento della storia, rimanere a livello generale, non soffermarsi più di tanto ad analizzare gli eventi.
Io sono colpevole, lo confesso, ma dico anche che ci si dovrebbe chiedere una volta per tutte se insegnare è chiudere un programma e non piuttosto educare ad un metodo di approccio con la realtà. Datemi pure tutte le colpe che ho, ma una domanda ponetevela, chiedetevi se sia il programma il metro di giudizio dell’insegnamento.
E questa domanda vale per storia come per tutte le discipline, è la domanda seria che avremmo dovuto porci prima della riforma della scuola, tant’è che la riforma parla di educazione di competenze e tutti, proprio tutti fanno la corsa per finire il programma.
Io mi assumo le mie responsabilità di fronte ai miei studenti, spero mi possano perdonare per quello che ho tolto loro, però sarebbe ora che si lavori a cambiare sistema di insegnamento, che venga finalmente vanificato il programma, che si abbia il coraggio di non considerarlo più perché il problema della scuola non è che gli studenti memorizzino tante nozioni, ma che sappiano giudicarle, che le confrontino con la loro umanità.
Si preparano, forse, anni interessanti, anni in cui si potrà cominciare a conoscere, ponendosi la domanda fondamentale: cosa c’entra una qualsiasi informazione con la nostra esperienza e la nostra umanità. Se non lo si vorrà fare la conoscenza diventerà quanto mai superficiale, ma questo farò fatica ad accettarlo.