E’ entrata in vigore ieri la legge che permette ai cittadini spagnoli di esprimere per iscritto le proprie volontà sulle scelte terapeutiche da ricevere nel caso non fossero più capaci di intendere e di volere, cioè la legge sul “Testamento biologico”.
Si è concluso, quindi, un processo avviato nel 2002 durante il mandato di Josè Maria Aznar, quando il Parlamento spagnolo approvò la Legge per l’autonomia del paziente. In quella occasione si decise la creazione dei Registri di competenza locali, i cui dati dovrebbero affluire in un Registro centrale.
Ad oggi, hanno depositato il proprio testamento biologico 30.500 persone di 12 diverse comunità, secondo fonti del ministero della Salute spagnolo citate dal quotidiano El Pais.
Che cos’è il testamento biologico
Ben lungi dall’eutanasia attiva, che resta illegale, la legge sul testamento biologico permetterà di decidere di rinunciare all’accanimento terapeutico in caso di malattia allo stadio terminale o di danni cerebrali irreversibili e scegliere quindi la via di quella che viene definita una “morte dignitosa”.
Una volta espresse per iscritto le proprie volontà, in un testamento biologico o testamento di vita che entrerà a far parte di un registro nazionale, il personale sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente di non prolungare la sua vita con modalità non conformi a quanto scritto nel testamento biologico.
I cardini della normativa spagnola sono tre: la non obbligatorietà del testamento biologico, il fatto che sia il medico ad avere l’ultima parola sull’interruzione delle cure e l’obbligo alla trasparenza e alla redazione di un verbale scritto, qualche che sia la decisione del medico.
Secondo la legge spagnola, nel testamento biologico si può inserire tutto ciò che si vuole, con due limitazioni: non si possono sollecitare trattamenti illegali, come l’eutanasia, o che vadano contro la buona pratica medica.
Una formulazione che secondo Marga Iraburu, esperta di bioetica, dovrebbe essere sufficiente per la maggioranza dei casi compresi quelli in cui la famiglia o il paziente stesso chiedano la sospensione dei trattamenti medici, della respirazione artificiale, dell’alimentazione o dell’idratazione.
La Chiesa spagnola
In questo campo la Conferenza episcopale spagnola aveva già preso posizione, tanto da aver proposto già nel 1989 un “testamento di vita” che permette anche ai malati terminali di fede cattolica di sottrarsi all’accanimento terapeutico.
Il modello del “testamento vital”, scaricabile dal sito web della Conferenza episcopale spagnola, è indirizzato: «Alla mia famiglia, al mio medico, al mio sacerdote, al mio notaio» e prosegue sostenendo che «la vita è un dono e una benedizione di Dio, ma non è il valore supremo assoluto».
E in Italia?
In Italia non esiste un registro, o una normativa specifica per il testamento biologico e il tutto è lasciato all’applicazione dell’articolo 32 della Costituzione che recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
In aggiunta a questo il documento sulle “Dichiarazioni anticipate di trattamento” approvato sulla base di un ampio consenso nel 2003 dal comitato nazionale di bioetica costituisce l’insieme delle linee guida di comportamento sul tema nel nostro Paese.