Lo aveva già dichiarato il loro scopritore, il premio Nobel 2003 per la chimica Peter Agre: le acquaporine sono un ottimo filtro per l’acqua e possono essere la chiave per arrivare a una efficace tecnologia per la sua purificazione. Agre, biologo molecolare della Johns Hopkins di Baltimora (Usa), aveva trovato queste proteine – che poi ha battezzato come acquaporine – in nanostrutture naturali a forma di microscopici canali in grado di trasportare acqua e quindi di spiegare la grande permeabilità delle membrane cellulari.
Le sue dichiarazioni sono state prese sul serio dai gruppi che partecipano al MEMBAQ (Incorporazione di Aquaporine in membrane per applicazioni industriali), un progetto finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito delle ricerche di nanotecnologie applicate alla ultrapurificazione del’acqua.
Da tempo si studiano metodi speciali per questo scopo e sono stati sviluppati vari tipi di membrane; tuttavia nessuna di queste riesce a filtrare e purificare l’acqua completamente. Ora, con le acquaporine le cose sembrano cambiare. La loro particolare struttura rende possibile il passaggio solo di pure molecole di H2O, cioè acqua; perciò il loro inserimento in membrane per la filtrazione consente di rimuovere dalle acque ogni altra particella e agente patogeno con un’efficienza imparagonabile a qualunque altro tipo di membrana finora realizzata.
La sfida principale attualmente è quella di rendere queste nuove membrane applicabili ai processi industriali. Gli sforzi si sono fin qui concentrati nel tentativo di supportare le acquaporine con uno strato di idrogel flessibile che viene reso stabile con l’applicazione di un film di Teflon perforato in grado di contenere l’idrogel e le gocce di acquaporine. Con questo sistema si punta a sviluppare membrane in grado, ad esempio, di riciclare acque di scarico rendendole potabili o di attuare processi di desalinizzazione.
Tra le applicazioni ci sono anche altri possibili impieghi in campo industriale, come nell’industria dei semiconduttori, che ha bisogno di grandi quantità di acqua ultra pura e potrebbe così ridurre i consumi di energia attualmente necessaria per le attività di purificazione. Se i risultati delle fasi di sperimentazioni saranno quelli attesi, si pensa di ottenere membrane con efficienza da cinque a dieci volte quella adesso disponibile sul mercato. Non ci sono però solo le acquaporine.
Un altro modo per migliorare la depurazione delle acque attraverso metodi nanotecnologici è stato sviluppato da ricercatori della Stanford University. Qui l’idea è stata quella di ricorrere alla elettrificazione di una membrana di cotone, ricoperta di nanofili e nanotubi d’argento; un approccio completamente diverso, che cerca di eliminare gli agenti patogeni non giocando sulla riduzione delle dimensioni del filtro ma tramite un’applicazione elettrica. I pori più grandi fanno scorrere l’acqua circa 80.000 volte più velocemente di quanto non consentano le membrane e permettono anche di evitare l’intasamento delle membrane stesse.
Bisogna comunque applicare una serie di filtri multipli in quanto una membrana elettrificata uccide solo una frazione degli agenti patogeni. I ricercatori impegnati in questa direzione hanno dimostrato che l’energia elettrica necessaria per far passare la corrente attraverso la membrana può essere inferiore fino a un quinto del fabbisogno energetico di una pompa di filtrazione, a parità di quantità d’acqua coinvolta.
La varietà di approcci in queste ricerche sulla purificazione delle acque è un indice di creatività e fa prevedere la possibilità che si possano trovare sul mercato le membrana che meglio si adattano alle specifiche esigenze applicative.
(Michele Orioli)