È il tempo delle riflessioni su ciò che serve per dare il via a un vero e proprio cambiamento per quanto riguarda la cosiddetta “emergenza educativa”.
Sono incoraggianti le prime dichiarazioni del ministro Bussetti che ha rassicurato sul fatto che non è necessario che ogni ministro faccia una nuova riforma (“la scuola non ha bisogno di ulteriori sussulti, riforme o strappi…” ha dichiarato testualmente il ministro nei giorni scorsi), ma che si può lavorare sul miglioramento di quello che c’è.
Come ogni organismo per istinto di sopravvivenza, anche la scuola ha importanti resistenze al cambiamento. Finora ogni riforma si è sostanzialmente fermata sulla “soglia della porta di classe” oltre la quale il docente ha troppo spesso continuato a lavorare come sempre, senza alcuna valutazione di merito o di efficacia.
In questi anni ci sono stati nei fatti tanti aggiustamenti che, in quanto tali, non hanno avuto la forza di cambiare ultimamente nel profondo e a livello strutturale il sistema burocratico statale sia scolastico che accademico. Quando, invece, è sempre più impellente ed evidente la necessità di recuperare la “posizione” educativa dei docenti rimettendo al centro l’apprendimento, cioè i ragazzi.
Come? Non con una legge o con un decreto (o per lo meno non solo), ma con un autentico movimento dal basso: attraverso una mobilitazione delle forze vive dell’educazione stesse in grado di liberare il sistema dalle morse burocratiche che “impantanando”, ostruiscono di fatto ogni reale crescita.
Nel mondo dell’educazione oggi, una delle novità più significative è costituita dal sistema degli Its, caratterizzato da una forte integrazione con il mondo del lavoro, capace di intercettare l’innovazione e il cambiamento e di tradurla in azioni formative. Un esempio tra i tanti, oltre all’innovazione didattica, è la veloce trasformazione in corso per diventare l’interlocutore delle imprese sulla creazione di competenze abilitanti Industria 4.0. Un sistema virtuoso, finanziato in base ai risultati, che ha dimostrato il suo valore, numeri alla mano, con una occupazione del 82% degli allievi diplomati. Basta, insomma, la semplice osservazione dei fatti per riconoscere che gli Its sono la risposta al grave problema del mismatching, poiché coniugano la disoccupazione giovanile con la cronica carenza di tecnici specializzati che affligge il Paese.
Il valore aggiunto del sistema Its, ciò che lo rende chiave di volta per un concreto sviluppo non solo del sistema educativo ma anche di quello economico, è la capacità di intercettare l’innovazione creando risposte nuove e attuali.
È il momento del salto di qualità, un sistema con un percorso di crescita innescato che ora deve essere urgentemente portato a maturazione. Il ministro Bussetti ha quindi una grande opportunità, ma anche una importante responsabilità. Stiamo giocando una delle partite più importanti per il futuro dei nostri ragazzi e delle nostre imprese: dobbiamo augurarci che il ministro scenda in campo con una squadra che porti a casa il risultato. Con un sottosegretario pronto alla sfida e una direzione generale per gli Its finalmente ripristinata.