Si chiude, anche operativamente, l’annus mirabilis di LHC: ieri il grande acceleratore di particelle ha iniziato il periodo della chiusura annuale programmata per le necessarie revisioni tecniche (e anche per un’attenta strategia di risparmio energetico durante i mesi invernali). È stato un anno denso di risultati e di emozioni, culminato con l’annuncio della tanto attesa rivelazione del bosone di Higgs, insieme a una serie di dati che hanno spalancato interessanti scenari; un anno terminato sull’onda di nuovi record e performance che fanno ben sperare per le ricerche future. Gli esperimenti di LHC hanno raggiunto un numero enorme di collisioni rispetto all’anno precedente e agli obiettivi che si erano prefissati.
In particolare ATLAS e CMS, i due esperimenti che hanno catturato l’Higgs, si erano fermati a 560mila miliardi di collisioni tra singoli protoni (tecnicamente a 5,6 femtobarns inversi): ora sono giunti a un valore che migliora di circa 5 volte il risultato dell’anno precedente, superando la previsione di quadruplicare il numero di collisioni fra particelle per unità di area. Anche per quanto riguarda la luminosità istantanea nelle collisioni protone-protone il traguardo raggiunto è eccellente perché si sono prodotte 8 per 1033 collisioni per centimetro quadrato per secondo. In queste ultime settimane gli scienziati hanno anche testato la possibilità di ridurre l’intervallo di tempo tra un pacchetto (bunch) di protoni e l’altro. Finora i protoni dei fasci di LHC erano raggruppati in bunch sparati ogni 50 nanosecondi: si è tentato di dimezzare i tempi e arrivare a 25 nanosecondi. Da oggi comunque i fasci di particelle sono fermi; ma gli scienziati non sono in vacanza.
Il periodo di chiusura dell’acceleratore serve per preparare nuove ricerche sia nei due esperimenti di punta Atlas e CMS, sia negli altri. Come ALICE, progettato per studiare la zuppa primordiale di Quark e Gluoni che dominava i primi istanti dell’Universo, che sta pianificando di potenziare le prestazioni dell’esperimento fino a migliorare di cento volte la capacità di registrazione degli eventi di collisione.
Poi c’è il grande lavoro sul fronte teorico, per trovare la giusta interpretazione dei dati rilevati finora e capire se si stanno davvero aprendo nuovi scenari e nuovi paradigmi nella nostra conoscenza dell’infinitamente piccolo. Il cosiddetto Modello Standard sembra richiedere qualche ritocco e c’è stata grande enfasi per la scoperta di indizi che farebbero spazio a un nuovo modello detto della supersimmetria. La questione però è aperta, anche perché le misure sul decadimento del mesone B ottenute da LHCb, un altro degli esperimenti del Cern, sembra ridurre le possibilità di esistenza della supersimmetria; o comunque indicano che, se c’è, va cercata altrove. Il lavoro dei fisici teorici sarà anche supportato dalle aumentate potenzialità degli strumenti di calcolo.
Come il potente centro di raccolta e di elaborazione dati provenienti da LHC inaugurato a metà novembre a Budapest presso il Wigner Research Centre for Physics, in grado di utilizzare i nuovi collegamenti in banda ultralarga a 100Gb per secondo. Ricordiamo che LHC genera circa 30 petabyte (miliardi di Megabyte) di dati ogni anno; la struttura di Budapest agirà come un’estensione del centro dati del Cern, ma avrà soprattutto lo scopo fondamentale di fornire continuità operativa in caso di problemi alla sede centrale. Nel frattempo al Cern il clima resta contrassegnato da grande entusiasmo. A sottolinearlo ulteriormente sono una serie di riconoscimenti internazionali. Il Nobel non è arrivato, ma era prevedibile soprattutto per la troppa vicinanza della scoperta con la data del premio.
In compenso i protagonisti delle performance del grande acceleratore continuano a girare il mondo spiegando quello che è accaduto a Ginevra quest’anno e ritirando altri premi. Come quello di 3 milioni di dollari assegnato dalla Fundamental Physics Prize Foundation a sette scienziati di LHC tra i quali gli italiani Fabiola Gianotti e Guido Tonelli. La Gionotti ha già dichiarato che l’intero ammontare della frazione di premio assegnatole -pari a 500.000 dollari – sarà utilizzato per supportare e finanziare il lavoro di giovani fisici del gruppo ATLAS provenienti da paesi economicamente disagiati. Un importante riconoscimento è andato anche a Lucio Rossi, che nel gennaio prossimo sarà nominato IEEE Fellow, il più alto grado di appartenenza al prestigioso Institute of Electrical and Electronics Engineers, cioè alla più grande associazione professionale al mondo dedicata a promuovere l’innovazione e l’eccellenza tecnologica.
Rossi è stato l’artefice del sistema di magneti superconduttori di LHC che hanno permesso di accelerare le particelle pesanti fino ad altissime energie e dal 2011 è a capo del progetto High Luminosity LHC per raggiungere prestazioni ancor più elevate grazie a nuovi magneti ad altissimo campo, a speciali cavità a radiofrequenza e a cavi superconduttori da 150 kA. Fra un mese ci sarà una breve riapertura per l’esperimento ALICE e poi lo stop vero e proprio di un anno e mezzo. Ma alla riapertura nel 2015 gli scopritori del bosone di Higgs potrebbero essere già passati da Stoccolma a ritirare il premio più ambito.