Prende il via un nuovo ciclo di valutazione della produzione scientifica dell’università italiana, degli enti di ricerca monitorati dal Miur e di 25 enti che hanno chiesto di sottoporsi volontariamente alla verifica. 131 istituzioni, in tutto; la più grande operazione del genere mai effettuata nel nostro Paese, i cui risultati definitivi sono previsti entro il 30 giugno del 2013. Come si svilupperà, concretamente il lavoro e quali esiti determinerà? IlSussidiario.net lo ha chiesto a Luisa Ribolzi, professoressa di sociologia dell’educazione nell’Università di Genova e componente dell’Anvur. «Anzitutto – spiega – abbiamo chiesto la lista delle persone afferenti a ciascun dipartimento di ricerca. Ognuna dovrà inviare almeno tre pubblicazioni a scelta tra quelle realizzate tra il 2004 e il 2010. Tra docenti universitari e istituti di ricerca, si calcola che il numero di “prodotti” (è il termine con il quale si indicano, in maniera generica, le pubblicazioni, che possono essere volumi, articoli, monografie ecc.) che andrà valutato sarà intorno alle 200mila unità. Saranno, infatti, più di 60mila i docenti e i ricercatori coinvolti».
I conti dovranno per forza tornare. «Laddove l’ente dovesse inviare, al netto delle eccezioni (per i ricercatori molto giovani, ad esempio, sono richieste solo due pubblicazioni) un numero di prodotti inferiori alla attese derivanti dal calcolo del numero di afferenti, moltiplicato per 3, si determinerà una penalizzazione nel punteggio finale». Tale punteggio sortirà degli effetti concreti sull’ente valutato. «Una quota del finanziamento pubblico, infatti, sarà erogata in base ad esso». Ecco come si svolge l’attività di monitoraggio: «ci sono 14 gruppi di lavoro corrispondenti alle aree tematiche riconosciute dal Consiglio nazionale universitario. Ciascuno di essi è guidato da un coordinatore, scelto dall’Anvur, in base ad una serie di rigorosi criteri e dispone di un numero di esperti – 450 in tutto, che si avvarranno dell’ausilio di esperti esterni (peer review) – proporzionale al numero di prodotti attesi». Saranno due i tipi di valutazione effettuati. «Il primo riguarda, prevalentemente, le aree scientifiche e tecniche, quella dalla prima alla nona (ad esempio, i fisici, i matematici, i medici e gli ingegneri) e sarà basata principalmente sugli indici bibliometrici».
Il secondo «è quello – continua Ribolzi – dei peer review (valutazione dei pari). Ciascun prodotto è affidato alle considerazioni di due specialisti, che esprimeranno un voto compreso tra 1 e 5, corrispondente ai giudizi: “eccellente”, “ottimo”, “buono”, “mediocre” “pessimo”. O, addirittura, “copiato”, che equivarrà ad una decurtazione di due punti. Laddove la difformità dei due giudizi fosse considerata esageratamente elevata, il prodotto sarà affidato ad un terzo revisore o ad uno dei 450 esperti». Il secondo metodo, infine, dovrà essere quello prevalente. «Lo stabilisce un decreto legislativo. Significa – conclude – che almeno 100.001 prodotti dovranno essere valutati in questa maniera». Si tratterà – va da sé – di un lavoro immane.