La prima buona notizia di questa nuova tornata 2018 sugli esiti delle prove Invalsi è che, per una volta, possiamo vantarci oltre confine di aver messo in campo un modello invidiabile di somministrazione delle prove computer based assisted (Cba): un vero banco di prova per l’Istituto di valutazione nazionale che ha somministrato, per parlare solo delle classi terze del primo ciclo, oltre 2.200.000 prove con una concorrenza massima di 83.000 studenti e oltre 1.200.000 http request al minuto in un arco temporale stretto ossia compreso tra il 4 aprile e il 21 aprile. Numeri da brivido per un apparato informatico mai testato prima, realizzato nel giro di pochissimi mesi grazie anche ad una collaborazione con informatici olandesi.
Tra i vari meriti di questo nuovo modello vi è quello di aver consentito un più elevato tasso di partecipazione degli studenti (+10% di incremento medio): la possibilità di accedere alla prova in più di una giornata, infatti, ha permesso il superamento di vincoli organizzativi delle scuole e/o di quelli legati all’assenza occasionale degli studenti.
Un indiscutibile merito del Cba è poi quello dell’accresciuta affidabilità dei dati a seguito dell’azzeramento del cheating in terza media e seconda superiore, dove queste prove Cba si sono svolte. Per la prima volta da quando si svolgono le prove Invalsi (2008) non si riscontrano fenomeni rilevanti di copiatura in grado di rendere meno affidabili i dati: ciò vuol dire che rispetto agli anni precedenti i dati rispondono ancora meglio delle diverse realtà scolastiche.
Cosa dire allora di questi esiti particolarmente realistici? Partiamo dalle prove di inglese: sono andate sorprendentemente bene, soprattutto nella primaria. Il 92,4% degli studenti di quinta raggiunge il prescritto livello A1 del Qcer nella prova di lettura (reading) e il 78,6% di studenti il prescritto livello A1 del Qcer nella prova di ascolto (listening). Nella scuola secondaria di primo grado l’inglese reading (A2) raggiunge il 73,9% e l’inglese listening (A2) il 56,1%.
Al di là dell’inglese, i risultati della scuola primaria si confermano molto simili in tutte le regioni del Paese e le differenze sono poco significative in senso statistico. Tuttavia già dal secondo anno della scuola primaria inizia a crearsi quella forbice che diventerà via via più ampia nel passaggio alla quinta in un primo momento, al termine del primo ciclo e nel secondo poi. In alcune regioni del paese (Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) si rileva una quota più elevata di studenti con esiti bassi o molto bassi: qui già a partire dal secondo anno della scuola primaria la scuola stenta a garantire pari opportunità agli studenti. Una maggiore tendenza a formare classi canalizzate per status socio-economico e culturale e abilità degli studenti è alla base di risultati più differenziati tra le classi e tra le scuole nel Sud del Paese rispetto alle scuole del Nord e del Centro. È da rimarcare come, quindi, i problemi della scuola italiana non siano da imputare alla scuola secondaria di primo grado dal momento che, come sottolineano i dati, queste difficoltà emergono, seppur con entità differenti per area territoriale, sin dall’inizio della primaria.