Guerra 1914-18. Tante fucilazioni: erano disertori o presunti tali di cui si chiede in questi giorni la riabilitazione della memoria. Erano, a quanto si scrive, fucilazioni fatte per incutere terrore, per dare un esempio, per compattare i ranghi di migliaia di ragazzi semplici mandati al fronte spesso senza aver chiaro il perché; era comunque tutto giustificato dal culto della patria, dai “sacri confini” da difendere a costo di morire in trincea, di usare gas asfissianti, di camminare tra mari di morti.
E’ passato un secolo ed è cambiato il mito: se cento anni fa il mito era lo Stato che controllava e il singolo che non contava, oggi il mito è il soggettivismo, in nome del quale ogni scelta è lecita: dall’eutanasia alla droga; ma siccome il soggettivismo finisce col diventare sinonimo di solitudine, siccome viene magnificata la scelta presa in solitudine come sommo atto di libertà, l’ideale diventa la solitudine e nulla viene più fatto o pensato per il bene comune ma solo per un utilitarismo solitario. Oggi diventa strano pensare che qualcuno si sacrifichi per un ideale collettivo; semmai sarà facile pensare che si sacrifichi sì, ma per un ideale personale (dalla carriera alla dieta).
Ma nella notte di Natale del 1914 avvenne il miracolo: nella nebbia dell’annichilimento del singolo, il singolo, in alcuni, tanti “singoli”, si risvegliò; e miracolosamente accadde che il risveglio fu su entrambi i fronti e fu in nome di quello che tutti riconoscevano come unica sorgente di dignità per il singolo: un amore più forte degli Stati e dei Re, il mistero della Nascita a Betlemme. Perché erano gente semplice, e non erano abituati alle mattanze, ma alla compagnia, al contatto, al silenzio delle montagne e delle campagne, anche alle risse e al vino ma anche allo stupore della bellezza dell’alba e del tramonto, alla fatica del lavoro e della morte naturale. Perché erano gente che amava vivere e amava chi nasce.
Nella notte di Natale 1914 i soldati da un fronte e dall’altro abbandonarono per qualche ora le trincee e fraternizzarono, perché per un momento il Natale riportava loro la memoria delle loro albe e tramonti, campagne e monti, nascite e morti: la memoria del loro di essere uomini e non solo sudditi, di essere persone e non solo soldati. Accadde davvero: numerose formazioni del fronte occidentale, non autorizzate, dichiararono una tregua e i soldati si incontrarono pacificamente nella terra di nessuno. Ma i comandi non approvarono, è la tregua durò solo poche ore. E dopo ricominciò la strage.
Questo miracolo immise un raggio di luce nella nebbia dello statalismo guerrafondaio di cento anni fa. Occorre anche oggi un raggio di luce che richiami a noi le nostre albe e tramonti che forse nemmeno conosciamo, le nostre nascite e morti, il nostro lavoro faticoso che rischia di smarrire senso nel mare dell’utilitarismo solitario, dell’individualismo che sembra libertà e invece ci atterrisce. Il Natale di quest’anno porterà questo miracolo in qualche sperduta trincea delle nostre città solitarie?