La disforia di genere minorile è un fenomeno che in Italia ha richiamato l’attenzione dopo il caso di Camilla, una mamma che ha aperto un blog per raccontare la vita del figlio, a cui non piacciono macchine e super eroi ma bambole. Esistono delle linee guida internazionali, ma qui non sono state ancora recepite. Esistono però dei centri che si occupano del tema, come l’unità di Medicina della Sessualità e Andrologia dell’ospedale universitario Careggi, di Firenze. Da uno studio condotto dal professor Mario Maggi è emerso che 4 soggetti su 5 hanno un esordio precoce della disforia, cioè prima degli 11 anni.
L’attenzione in Italia a queste problematiche dell’età infantile è recente, ma in Olanda, ad esempio, risale agli anni ’80. «Hanno capito che bisogna intercettare la disforia in età adolescenziale e trattare i soggetti sia con un approccio psicologico, sia medico con il blocco dell’evoluzione puberale nei casi compresi nelle linee guida internazionali», ha spiegato Maggi a La Stampa. L’identità sessuale dei bambini è fluida, quindi in divenire: per questo solo il 15% dei bambini under 12 che mostrano comportamenti cross-gender li mostreranno anche in età adolescenziale. Se, invece, la disforia di genere persiste in età adolescenziale, raramente desiste.
Prescrivendo i bloccanti della pubertà si dà all’adolescente più tempo per riflettere sulla propria identità sessuale, ma in Italia è vietato, perché la disforia di genere nei minorenni non è riconosciuta come entità nosografica. In soli due casi al Careggi, nel 2013, è stato possibile prescrivere questi farmaci a due ragazzi, uno maschio e una femmina: si erano costretti al digiuno e il rischio di suicidio era alto. Ora i due ragazzi stanno bene, ma il professor Maggi si chiede se in alcuni casi di anoressia in età adolescenziale si possa nascondere qualcuno di disforia di genere.
Il tema potrebbe essere affrontato nelle scuole, soprattutto per informarli e arrivare così ad una diagnosi precoce e accurata, ma le associazioni cattoliche fanno muro. Circa l’1% dei ragazzi sotto i 12 anni si sente a disagio con la propria identità, quindi la questione è tutt’altro che marginale. All’estero si interviene a livello psicologico e ormonale, in Italia invece si fa ancora poco.