Si può chiamarlo “effetto loto”: è una delle caratteristiche più sorprendenti e utili delle foglie di questa famosa pianta acquatica, che hanno una struttura particolare che le rende estremamente idrofobe (idrorepellenti) e che le mantiene costantemente pulite e protette. Sono qualità molto richieste anche in ambito industriale, per l’auto-pulizia e l’anti-adesività, che hanno quindi attirato l’attenzione degli scienziati impegnati nello sviluppo di nanomateriali bio-ispirati.
Tuttavia il loto non ha una idrofobia controllabile; la sfida della ricerca era perciò quella di ricreare un materiale che potesse avere un comportamento modificabile e “intelligente” per adattarlo ad applicazioni molto diverse: dai sistemi elettronici flessibili e trasparenti di ultima generazione fino alla nanomedicina. La sfida è stata raccolta da un gruppo di ricerca internazionale che nasce dalla collaborazione fra la Duke University, il MIT e l’Università di Trento, con l’esperienza di Nicola Pugno, ordinario di Scienza delle Costruzioni al Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica. Un primo risultato è stato recentemente presentato nello studio “Multifunctionality and control of the crumpling and unfolding of large-area graphene” pubblicato su Nature Materials.
Il professor Pugno, parlando a Ilsussidiario.net, parte dalla sua attività presso il Politecnico di Torino dove ha fondato il Laboratory of Bio-Inspired Nanomechanics; trasportando poi questa esperienza a Trento, tra le tante ricerche avviate in questa linea “ispirata alla natura”, ha lavorato col suo gruppo proprio sulla questione dell’effetto loto, cioè sulla originalità della sua topologia superficiale e sulla possibilità di modificazione delle proprietà di idrofobia della superficie.
La chiave di tutto sta nel concetto di angolo di contatto. «Immagini di mettere su una superficie una goccia molto piccola (tale da poter trascurare l’effetto della gravità che la appiattirebbe) e di guardarla di lato, osservando l’angolo tra la tangente alla superficie della goccia e la superficie del substrato: se l’angolo è 180 gradi la goccia è sferica e la superficie risulta idrofoba; se è zero si ha un film sottile liquido sulla superficie (che quindi sarà superidrofila); tra questi due estremi ci sono tutte le altre possibilità. In particolare, con angolo di contatto sopra i 150 gradi il materiale è idrofobo, con angolo di contatto minore di 90 gradi diventa idrofilo».
Dall’osservazione delle foglie del loto i ricercatori, attraverso calcoli di nanomeccanica e simulazioni atomistiche, sono riusciti a ricreare in laboratorio una “foglia artificiale” multifunzionale a base di grafene, un materiale intrinsecamente molto rigido e resistente. Un foglio di grafene (singolo strato di atomi di carbonio) è stato “stropicciato” e fatto aderire a un substrato di materiale polimerico estremamente cedevole. Il substrato è stato poi tensionato meccanicamente e, di conseguenza, la topologia superficiale (responsabile di moltissime proprietà meccaniche e fisiche) del foglio di grafene ha cambiato aspetto: da stropicciata a liscia. In questo modo i ricercatori sono riusciti a realizzare una superficie multifunzionale intelligente che, ad esempio, può passare dall’essere super-idrofoba a idrofila, grazie a questo effetto topologico.
Perché proprio il grafene? «Ormai sul grafene si indirizzano moltissime ricerche di scienza dei materiali perché è particolarmente interessante e ha caratteristiche peculiari: è molto resistente, è conduttore, è trasparente, sottile ma rigido, è a cavallo tra l’essere idrofobo e idrofilo, con un angolo di contatto intrinsecamente intorno ai 90 gradi; perciò si presta bene a trasformazioni che modificano la idrorepellenza. Era quindi il candidato ideale per queste applicazioni».
Per queste ricerche il gruppo di Pugno ha ottenuto anche un finanziamento europeo prestigioso, attribuito per l’eccellenza scientifica dall’European Research Council per un progetto sui “super-nanomateriali bio-ispirati gerarchici”. L’aggettivo gerarchici deriva dal fatto che «il grafene ha una topologia complessa, non fatta solo di creste e valli ma ogni cresta è composta da altre creste più piccole che a loro volta hanno delle sottocreste e così via. È come nelle topologie reali che si trovano in natura; la stessa foglia del loto ha una struttura gerarchica. Tali strutture vengono descritte molto bene matematicamente dalla geometria frattale, che ormai si applica a una grande varietà di fenomeni».
Un altro elemento che rende innovativa e competitiva la soluzione proposta è che il comportamento multifunzionale intelligente assunto dal foglio di grafene è reversibile, grazie alla robustezza del sistema; il che significa che può sostenere moltissimi cicli: «il sistema cioè resiste senza rompersi pur modificandosi per milioni di volte e anche di più, dipende dalle applicazioni».
Le possibili applicazioni, come si è detto sono molteplici: dai muscoli artificiali all’elettronica flessibile per i prossimi tablet, ai telefoni cellulari, alla possibilità di inserire elementi conduttivi all’interno di tessuti e capi di abbigliamento e molto altro.
Per il prossimo futuro il team di Pugno si muoverà su vari fronti: anzitutto ancora sul grafene e la nanomeccanica bioispirata, due linee che in questa ricerca si sono congiunte ma che possono anche procedere su binari indipendenti. «Abbiamo lavorato e stiamo lavorando su altri fenomeni: come sui gechi e sulla loro grande capacità adesiva. L’ultimo tema sul tappeto è la resistenza di ancoraggi di ragnatele: anzitutto per capire bene il fenomeno, anche dal punto di vista strettamente biologico; ma poi in vista di applicazioni per la realizzazione di ancoraggi particolarmente robusti applicabili nell’ingegneria meccanica e in quella civile».
E proprio sulle ragnatele il nostro interlocutore promette presto interessanti novità.
(Mario Gargantini)