L’idea di giornalismo freudiano è venuta a Giacomo B. Contri alcuni decenni fa, quando il primo traduttore di Lacan in Italia, medico e psicoanalista tra i più rinomati in Europa, si è messo a praticarlo per alcune riviste e dal novembre 2006 quotidianamente, postando alcune migliaia di pezzi brevi sul periodico on line Think!
In questi giorni Contri ha seguito con “attenzione fluttuante”, quella tipica di uno psicoanalista in seduta, le cronache relative alle unioni civili e ai suoi risvolti, con la buona volontà di chi prova a farsi un’idea personale su questa smania di famiglia e matrimonio (figli inclusi) che promana dagli avversari di sempre, illudendo i sostenitori degli assetti tradizionali di essere a posto così. Ma non era in crisi la famiglia? E il matrimonio non era la tomba dell’amore? Com’è che nonostante il picco negativo dei matrimoni, il crollo delle nascite, la moda dei single a tutti i costi, delle convivenze prudenziali, del poliamore e altre trovate più o meno goliardiche, ora i figli tutti li vogliono? Provocatoriamente Contri ha postato in un pezzo dal titolo “San Gay” subito dopo i risultati del referendum che ha sancito il matrimonio gay in Irlanda. L’idea è che se il senso di una confessione come quella cattolica si riassumesse nel sostegno ai valori che la famiglia rappresenta, allora ben vengano le forze fresche gay a rinforzo di quelle più logore etero.
Cultore del coniugio come società tra soggetti a partire dalla preferenza per la relazione uomo & donna considerata emblematica, Contri parte col domandarsi quanti coniugi veramente lo siano, se basti per esserlo fare coppia, o se invece il semplice fare coppia non vada in ultimo ricondotto ad una forma mite di stalking, dove l’uno si fa (nel tempo) ostacolo per l’altro: una siepe, come direbbe Leopardi, “che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. Coerente con la massima evangelica — e non metafisica — per la quale l’albero si giudica dai frutti, Contri si chiede, non da oggi, da cosa si potrebbe capire il coniugio. Ovvero quali siano da considerarsi come suoi frutti, se valga considerare i figli come frutti del coniugio, punto su quale si è odiernamente fissata l’invidia gay, o se non se ne debbano indicare degli altri come cifra della creatività dei coniugi aperta al bene comune. I figli, rincara Contri, non sono frutti, ma soggetti competenti, anche nel giudicare del buon andamento (o meno) dell’ “impresa” familiare.
“Quel superato di un Freud” lo ricorda spesso che il figlio può essere (nevroticamente) pensato come risarcimento. Che si tratti di una compensazione fallica o meno, si tratterà comunque di qualcuno che anziché essere chiamato a partecipare ai beni che i suoi maggiori si adoperano a produrre in modo non avaro, sarà invece “concepito” come uno chiamato a far quadrare il loro magro bilancio.
Siccome gli errori, come gli angeli, non hanno sesso, il pensiero erroneo del figlio come risarcimento — toppa del buco affettivo dei suoi altri — è passata senza nessuna variazione dalle coppie etereo a quelle omo. Così, allo stesso modo, passa dalle coppie etero a quelle omo tutto l’insieme dei cliché che ci siamo tristemente abituati a chiamare matrimonio (poco importa che l’accordo politico escluda l’equiparazione delle forme: il tentativo, emblematico della mentalità, era quello).
Per etero o omo il figlio, rincara Contri, “è un dovere (non un diritto), quello di nutrirlo vestirlo curarlo istruirlo, un costo, quale che sia il piacere dell’adulto di averne uno” e sull’adozione gay la sua ironia sconfina nel surreale quando annota che “in tutta l’oscura confusione odierna tra diritto positivo e immateriali diritti umani, non vedo il diritto umano del partner omosessuale all’adozione, salvo omologarlo al diritto all’alimentazione (diritto antropofagico!)”. Il paradosso è estremo, ma chiarisce che il senso di questo preteso diritto sarebbe solo quello di saziare un bisogno affettivo. Poche righe dopo Contri sorprende aggiungendo: “tuttavia nel diritto positivo c’è anche quello (del bambino) all’eredità: se il partner suddetto fosse facoltoso, il bambino avrebbe a momento debito eredità doppia, oltre a vedere raddoppiato il contenuto materiale dei doveri suelencati, e anche dei regali natalizi: da questo esclusivo punto di vista voto a favore, perché nel nostro mondo il censo torna prepotente. Da bambino mi sarei fatto adottare da chiunque purché ricco: secondo la Convenzione di Strasburgo sul bambino, avrei chiesto al Giudice di procurarmi, al posto dei miei genitori proletari, un genitore plutocrate, avendo scarsissimo interesse per il suo sesso”.
Eppure i sessi in psicoanalisi contano (eccome), a partire da quell’Adamo e quell’Eva, primo uomo e prima donna, che sono i genitori. “Il bambino — commenta Contri — parte dall’esperienza: si fa un’idea di coniugio legittimo quanto a quel paio di individui che chiama, del tutto convenzionalmente, “genitori” o “padre e madre” (…): da quando ne connota sessualmente il coniugio si fa anche l’idea di orientarsi in esso prendendovi posizione secondo la posizione di uno di essi: è ciò che è stato chiamato ‘complesso di Edipo’. L’orientamento successivo del suo sesso, e non anzitutto di questo, ne discenderà, secondo vicissitudini diverse (…): l’ultima parola sarà una soluzione individuale”.
Prendere posizione, quando le cose filano via lisce, o venire sballottato tra i “disastri non necessari” che uomini e donne sanno realizzare è comunque l’aspetto drammatico di ogni esistenza individuale, il cui esito non è mai garantito dalla natura.
“Da decenni si discute di etero e omo-sessuale e delle loro conseguenze istituzionali, senza che qualcuno ricordi (almeno gli psicoanalisti!) che nell’un caso come nell’altro si tratta di derivati del suddetto complesso: ciò significa che non è una legge di natura a essere legislativamente operante, che la natura è materia sotto trattamento, come l’uva per fare il vino”. Maschi e femmine infatti si nasce: diventare uomini e donne è un’avventura nella quale il posto di privilegio riservato all’altro dell’altro sesso, quindi ai sessi, non al sesso, fa la differenza tra una scelta di civiltà e un’altra. Sessualmente parlando è difficile pensare a qualcosa di più mono-tono di una famiglia arcobaleno. Comprensibile allora l’esigenza di adottare dei bambini… finalmente un po’ di diversità!