Ha raggiunto o superato la cultura di molti uomini, ha parlato con autorevolezza a papi ed imperatori, ha predicato in pubblico, ha dettato libri di teologia, fisica, alchimia, cosmologia, ha composto musiche di sorprendente bellezza: davanti al genio di Ildegarda di Bingen è ragionevole stupirsi e chiedersi se lo storico possa mai sciogliere l’enigma legato a questa donna, nata nel 1098 a Bermersheim presso Alzey, nella diocesi di Magonza (decima e ultima figlia di una famiglia della piccola nobiltà). Sappiamo che nel secolo XII altre donne sono colte e famose: se, ad esempio, Eloisa, che studia a Parigi con il filoso e amante Abelardo, ci colpisce soprattutto per la cultura letteraria, se Elisabetta di Schönau vive analoghe esperienze profetiche (tanto per accennare a due sue illustri contemporanee), Ildegarda ha però qualcosa di speciale e originale, anche perché spazia fra diversi ambiti del sapere e perché unisce al suo fine ingegno una passionalità travolgente, una carica affettiva penetrante.
Senza trascurare gli studi di M. Cristiani, M. Pereira e M. T. Fumagalli (per limitarci all’ambito italiano), la più bella biografia di Ildegarda ce l’ha donata Peter Dronke in un capitolo splendido del suo libro sulla cultura femminile medievale (Donne e cultura nel Medioevo, Il Saggiatore 1986), che non teme il passare del tempo. Da laico aperto al sentire religioso, Dronke nutre una grande ammirazione per Ildegarda, colei che “scrive un latino pieno di forza e di colore, ai migliori livelli del XII secolo”: solo in alcuni (pochi) passaggi si allontana, a mio avviso, dalla sapiente immedesimazione espressa, quando troppo insiste sul “misticismo” di Ildegarda in opposizione alla sua curiosità scientifica o al suo amore per ciò che è terreno, suggerendo che in lei affiori talvolta una sorta di dualismo manicheo.
Entrata in un monastero benedettino all’età di otto anni, Ildegarda ha per maestra una monaca “non colta” – dice lei – ma questa ragazzina gracile, malinconica e tremendamente tenace inizia ad imparare cose che circolavano solo nei maggiori centri di cultura dell’epoca, alcuni dei quali geograficamente molto distanti dal suo cenobio: il Dronke la paragona addirittura ad Avicenna, il famoso medico, fisico e filosofo persiano del secolo XI.
Quando la giovane decide di rimanere definitivamente in monastero, mostra ben presto capacità organizzativa e una indomita forza di carattere: affronta ad esempio il parere ostile di una vicina comunità maschile e decide di fondare un nuovo monastero: Rupertsberg presso Bingen dove diventa badessa. A quarant’anni Ildegarda obbedisce alla voce che le parla e inizia a dettare la “sua” sapienza, a metterla per iscritto avvalendosi della collaborazione di alcuni segretari.
La badessa di Bingen diventa ben presto famosa non solo per i suoi scritti ma per avere predicato in pubblico fuori dal monastero, per aver ottenuto lodi ed incoraggiamento da papa Eugenio III e da quell’ardente e bellicoso personaggio che era Bernardo di Chiaravalle. L’accusatore di Abelardo non avrebbe mai avallato posizioni che potessero anche solo sfiorare l’eresia, eppure alcune affermazioni di Ildegarda sembrano veramente ardite, come i suoi riferimenti alla sessualità, descritta in riferimento alle differenti disposizioni o inclinazioni di uomo e donna nel momento della loro unione fisica.
Qualcuno se ne potrebbe sorprendere? Ma Ildegarda studia anche la medicina e la fisica medievali e ne usa i linguaggi! Conosce a memoria la Bibbia le cui parole rivelano in alcuni luoghi tratti molto carnali (eros e agape convivono non solo nel Cantico dei Cantici). Osserva inoltre il mondo circostante il chiostro: incontra uomini e donne che erano in relazione con le comunità monastiche, molto più di quanto oggi si pensi.
Un’altra caratteristica sorprendente è la forza con cui la badessa di Bingen rimprovera l’imperatore Federico I per aver nominato un antipapa: “Ti sei comportato come un pazzo” e solo l’autorità imperiale prevenne la reazione dei fedelissimi che volevano bruciare il monastero di Bingen per l’offesa ricevuta.
Verso la fine della sua lunga vita, Ildegarda, novella Antigone, affronta un’altra terribile battaglia; ella infatti rifiuta di consegnare ad altri il cadavere di un nobile cavaliere che, malato e penitente, era stato assistito e poi sepolto nel cimitero del monastero. Alcuni prelati della vicina Magonza, in assenza dell’arcivescovo, ritengono che Ildegarda abbia accolto uno scomunicato e la colpiscono con l’interdetto, imponendole il silenzio.
Solo sei mesi prima di morire, Ildegarda può riascoltare la musica tra le mura del suo monastero perché l’arcivescovo di Magonza, scrivendo da Roma, le dà ragione.
Sempre da Roma, il 7 ottobre 2012, un Pontefice, che stima la cultura femminile e che ha scritto sull’amore fra uomo e donna pagine che farebbero tremare gli odierni “prelati di Magonza”, ha dichiarato che Ildegarda è Dottore della Chiesa. Gliene siamo immensamente grati e speriamo che il suo gesto sia anche occasione per promuovere nuovi studi su questa figura straordinaria.