Quando si parla di fine vita non siamo nel campo metafisico, ma ci muoviamo in quello scientifico. Ne sono certi i nuovi guru, secondo cui la morte è una questione tecnica, un problema che saremo in grado di risolvere. La morte, rappresentata nel medioevo come un personaggio con mantello nero e cappuccio, che tiene in mano una grossa falce, è in realtà per loro un disguido tecnico. Non moriamo per la volontà di uno strano personaggio, né perché lo decide Dio o perché la morte rientra in un grande piano cosmico, ma perché il cuore smette di pompare sangue, perché i nostri organi vengono attaccati dal cancro o i germi si diffondono nei polmoni. Si chiamano comunemente malattie, ma c’è chi crede che siano “solo” problemi tecnici.
Il motivo per il quale il cuore smette di pompare sangue risiede nella mancanza di arrivo di ossigeno al muscolo cardiaco. Una mutazione genetica, invece, cambia le istruzioni di funzionamento delle cellule cancerose che così si diffondono. Cosa c’è di metafisico in tutto questo? Ogni problema tecnico ha una soluzione tecnica, quindi non c’è bisogno di aspettare il “paradiso” per vivere eternamente. Vita e morte non sono materie per preti e teologi, ma per scienziati e ingegneri, come riportato da Il Giornale. Nessuno di loro ha espresso finora i propri sogni di immortalità, ma si sono limitati ad annunciare che intendono porre rimedio a questo o quel problema tecnico. Il diritto alla vita, però, non ha scadenza: per questo c’è una piccola parte di scienziati e intellettuali che la più grande sfida della scienza moderna è sconfiggere la morte.
Ci sta lavorando Google: nel 2012 Ray Kurzweil è stato nominato direttore dell’ingegnerizzazione, l’anno successivo è stata lanciata la controllata Calico con la missione di “risolvere il problema della morte”. Un altro fervente sostenitore della lotta contro la mortalità è Bill Maris, nominato nel 2009 presidente del fondo di investimento Google Ventures. «Se lei mi chiede oggi se è possibile vivere fino a 500 anni, la mia risposta è sì», ha dichiarato nel 2015. Il fondo di investimento sta usando il 36% dei suoi 2 miliardi di dollari di portafoglio in start up dedicate a scienze che si occupato della vita e di ambiziosi progetti per allungarla. Per rendere l’idea di cosa sia la lotta contro la morte, Maris l’ha paragonata al football americano: «Noi non stiamo cercando di guadagnare poche iarde. Noi stiamo cercando di vincere la partita».