«Il progetto NAD, finanziato dalla EU sviluppa innovative terapie con nano particelle per il trattamento dell’Alzheimer. Il team ha progettato nano particelle in grado di attraversare la barriera vascolare cerebrale in modo che le scansioni del cervello fatte con la MRI o la PET possano rivelare la malattia. Il progetto ha quindi confermato il potenziale terapeutico delle “nano particelle portatrici”, ingegnerizzate per incanalare sostanze terapeutiche all’interno del cervello e prevenire l’aggregazione patogena del peptide beta-amiloide». Con queste parole, tre settimane fa, il presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, ha citato il NAD tra le storie di successo nella relazione “Horizon 2020: boosting industrial competitiveness” che ha presentato ai capi di governo riuniti nel vertice del Consiglio europeo.
Il team cui si riferisce Barroso è quello del Dipartimento di Scienze della Salute guidato dal professor Massimo Masserini, ordinario di biochimica e responsabile scientifico del progetto NAD. Lo stesso Masserini una settimana fa ad Atene, nel corso della Industrial Technologies 2014 Conference, ha ricevuto il premio Best Project Award, riservato “ai migliori progetti di ricerca dei programmi quadro della UE”. Il premio, viene assegnato a tre finalisti per ciascuna delle due categorie (completati e in corso) ai migliori progetti tra quelli dei programmi quadro dell’Unione Europea nel campo delle tecnologie industriali. I criteri di selezione sono, per i progetti completati, i risultati ottenuti di ricerca e in campo commerciale e, per i progetti in corso, i risultati di ricerca.
Il progetto NAD (Nanoparticles for therapy and diagnosis of Alzheimer Disease), concluso ufficialmente il 31 agosto 2013, è un progetto di ricerca multidisciplinare che aveva l’obiettivo di diagnosticare e curare la malattia di Alzheimer. La ricerca, finanziata dal 7° Programma Quadro dell’Unione Europea, ha avuto un costo totale di 14,6 milioni di euro. All’Università di Milano-Bicocca, capofila del progetto, è stata destinata una quota di 3,8 milioni di euro per le attività di organizzazione e coordinamento della ricerca.
Oggi, circa 24 milioni di persone nel mondo sono affette da demenza, con più di 4 milioni di nuovi casi registrati ogni anno; ciò equivale a un nuovo caso ogni otto secondi. La malattia di Alzheimer è un tipo di demenza o deterioramento mentale che tipicamente si verifica in età avanzata. Nella sola Europa, circa cinque milioni di persone sono segnalate per avere questa demenza: una ogni 20 persone oltre i 65 anni e uno su cinque oltre gli 85enni sono classificati come malati di Alzheimer. Dato l’invecchiamento della popolazione in Europa, questi numeri sono destinati ad aumentare drammaticamente.
Nonostante i progressi fatti nell’interpretazione delle possibili basi molecolari della malattia, ci sono stati pochi progressi nella diagnosi e nella terapia. Il progetto NAD ha dato un notevole contributo per cambiare questa situazione, sviluppando nanoparticelle che possono essere adattate alle specifiche di ciò che è noto circa le cause di questo disturbo cerebrale debilitante.
La ricerca, svolta nell’ambito della nanomedicina, settore di ricerca innovativo che unisce competenze mediche e tecnologiche, ha portato a progettare e brevettare nanoparticelle lipidiche (nanoliposomi), di dimensioni dell’ordine di miliardesimi di metro, capaci di superare la barriera emato-encefalica e di rimuovere il peptide beta-amiloide, una molecola che si deposita in grandi quantità nei cervelli dei malati di Alzheimer.
Il trattamento con nanoparticelle, somministrate a modelli animali della malattia, riduce le placche di beta-amiloide accumulato nel cervello, e induce il recupero delle normali funzioni cognitive, misurate tramite test comportamentali. Questi risultati aprono la possibilità di usare nell’uomo queste nanoparticelle per la cura della malattia di Alzheimer.
«Nel progetto NAD – ha spiegato il professor Masserini – abbiamo realizzato nanoparticelle che hanno dato eccellenti risultati su modelli animali della malattia di Alzheimer, e lasciano sperare in un loro possibile effetto positivo anche sull’uomo. La rimozione di amiloidi dal cervello dovrebbe rallentare, o addirittura fermare, il processo di neurodegenerativo; consentendo quindi una terapia precoce, quando la malattia è nella fase iniziale fase, che può aumentare l’aspettativa – e la qualità – di vita dei malati di Alzheimer. Naturalmente, la dimostrazione di questa ipotesi richiederà ulteriori investimenti sia sperimentali che economici».
Il progetto NAD rientra tra i 66 bandi di progetto vinti dall’Università di Milano-Bicocca nell’ambito del 7° Programma Quadro dell’Unione Europea (appena conclusosi e sostituito dal nuovo programma Horizon 2020) per un finanziamento complessivo di oltre 21 milioni di euro. Comprensibile quindi la soddisfazione che si respira in Bicocca: «Per il nostro Ateneo – dice il prorettore Gianfranco Pacchioni – è motivo di particolare soddisfazione aver raggiunto risultati eccellenti nell’ambito del 7° Programma Quadro sia sul piano qualitativo, come dimostrato dall’importante riconoscimento al progetto NAD nel campo della nanomedicina, sia sul piano quantitativo, con quasi 70 progetti approvati, tra i quali alcuni prestigiosi progetti dello European Research Council».