Qualche mese fa ho chiesto ad un amico con frequentazioni romane di chiedere al ministero i dati sui trasferimenti definitivi dei docenti e su quelli con durata annuale. Inutile. Eppure sono dati che per il ministero sarebbe facilissimo reperire ed aggregare ed avrebbero un chiaro interesse per il Paese e per gli analisti del sistema scolastico.
Il ministero non mostra le sue vergogne. Così i dati più significativi sulla gestione del personale non si sanno. Li conosce di più il sindacato che è il vero motore dell’apparato organizzativo della scuola di stato. Ugualmente accade per l’iscrizione nelle scuole degli alunni stranieri, che sarebbe interessante conoscere sia per scuole pubbliche che private con i dati sui regolari e gli irregolari iscritti con riserva. E’ mai possibile che i dati sugli alunni stranieri li debba dare la Caritas? Ma devo dire che anche i presidi dei singoli istituti scolastici evitano di fare e tantomeno di pubblicare le statistiche dolorose. Ad esempio gli infortuni.
Quello dei trasferimenti è certamente un tema doloroso. Concordo con la percezione di Pellegatta che definisce consistente il fenomeno “migratorio”, ma credo che per essere analizzato a dovere in tutta la sua potenza il trasferimento definitivo nord-sud dovrebbe essere unito al trasferimento annuale che si protrae magari per più anni e di fatto elimina la presenza del titolare nella sede di titolarità, condannando il posto alla supplenza annuale. Poveri alunni!
Ogni anno decine di migliaia di insegnanti fanno o rifanno la domanda di trasferimento. I trasferimenti avvengono su indicazione del computer con le infinite precedenze di rito, perdenti posto, ricongiungimenti familiari, assistenza a parenti disabili, stato di salute, ecc . Impossibile controllare. Facilissimo falsificare.
La transumanza annuale è, assieme alla pensione ed alle graduatorie dei perdenti posto, il discorso più ricorrente nelle aule docenti. Ed ogni anno il rito dei trasferimenti definitivi e dei ricorsi relativi impone a tutti gli altri provvedimenti organizzativi per l’inizio dell’anno scolastico di restare fermi. E così da decenni l’anno scolastico inizia senza i docenti al completo, sebbene da decenni ogni ministro giuri di voler partire bene.
Oltre alla grande oscillazione sud-nord-sud ve ne sono molte altre. Ho conosciuto docenti che hanno chiesto di andare al sud, sono andati e poi sono tornati su. Ugualmente bidelli e segretari. Ci sono anche presidi che cambiano scuola ogni 3 o 4 anni perché così non lasciano traccia e altrettanto fanno vari docenti con difficoltà relazionali e didattiche.
Ci sono scuole che funzionano e che vengono messe in crisi dal fatto che docenti senza scrupoli le chiedano per lavorare meno ed avere meno guai con gli alunni. Ci sono trasferimenti legati a cure mediche di malattie croniche reali o immaginarie, trasferimenti climatici. Il trasferimento è per molti l’unica ventata di aria nuova nella squallida routine dell’attuale funzione docente.
I trasferimenti nella scuola di Stato non sono soggetti ad alcun filtro né in uscita né in entrata, contrariamente ai trasferimenti intercomunali del personale parastatale dove serve l’assenso dei due uffici interessati. Nelle aziende private con più sedi il trasferimento a domanda esiste, ma è possibile per l’azienda prescindere dalle graduatorie per le sue necessità organizzative.
La scuola di Stato italiana è un’anomalia probabilmente unica al mondo. La capacità dei vertici scolastici di opporsi all’autodislocazione dei docenti è diminuita anno dopo anno con la rinuncia progressiva ed ormai totale alla gestione del personale, che sarebbe quasi impossibile anche per dirigenti “bolscevichi” senza cambiare radicalmente le regole. Figuriamoci poi per dirigenti che spessissimo non meritano di essere considerati tali e per primi fanno della ricerca del proprio benessere e della leggina favorevole alla loro sistemazione giuridica ed economica la principale occupazione quotidiana.
Abolire il ruolo nazionale, togliere ai trasferimenti la periodicità annuale, mettere il filtro del consenso dei due uffici interessati, attuare una limitazione territoriale alle domande, abolire i trasferimenti e le assegnazioni di durata annuale, dilatare i tempi iniziali di permanenza nel territorio di prima assunzione anche a 7-8 anni. Sono tutte misure di contrasto elementari, facili ed efficaci ad un fenomeno deleterio. Ma chi affonderà il bisturi? Chi pensa davvero agli studenti ed alla nostra società?
Qualcuno nega che il fenomeno esista davvero? Tanto meglio, allora le misure sarebbero indolori e quindi ancor più facili da adottare. Ma penso proprio di no.