Se maggio era stato il mese dell’ornitorinco, agosto è quello della salamandra. Sono questi due animali un po’ strani che si contendono la palma di pubblico accusatore del darwinismo, il primo, e del creazionismo, la seconda.
Sull’ornitorinco aveva sfoderato la spada Massimo Piattelli Palmarini sul Corriere della Sera, riferendosi a uno studio di alcuni genetisti pubblicato su Nature che portava a mettere in discussione due pilastri del darwinismo classico come il gradualismo della storia evolutiva dei viventi e la selezione naturale considerata come motore dell’evoluzione. L’articolo aveva fatto saltare i nervi al presidente della società italiana di biologia evoluzionistica Giorgio Bertorelle, che aveva replicato cercando di screditare l’attendibilità scientifica del Palmarini che a sua volta rispondeva alle critiche citando lo stesso Darwin e parlando di un «darwinismo, ormai largamente defunto».
La salamandra invece è stata adottata da uno dei paladini del neoateismo scientifico, Christopher Hitchens, che sempre sul Corriere, il 1° agosto, utilizzava la cecità regressiva delle salamandre delle caverne come arma contro il creazionismo, irridendo «la crassa idiozia di quanti credono ciecamente alla divina provvidenza e al cosiddetto disegno divino».
Hitchens ammette di non saper dire «nulla sulla formazione di cellule fotosensibili, strutture oculari primitive e cristallini» ma è sicuro, nel suo gaio nichilismo, che tutta la meraviglia dell’universo (del quale peraltro Darwin era un ammiratore) «sarà ben presto rimpiazzato dal nulla».
Le battaglie pro e contro l’evoluzione continuano quindi alternando i toni aspri della polemica a un intellettualismo più soft. Così, agli attacchi condotti in punta di fioretto dai vari Hitchens e Dawkins, corredati da un apparato di tipo scientifico (ma da una semplicistica filosofia neoscientista), i creazionisti americani rispondono in modo pesante e indubbiamente senza stile.
Come nel film documentario Expelled – No intelligence allowed (Espulso – Nessuna intelligenza ammessa), di Nathan Frankowski, uscito a metà aprile in Usa con l’intento di denunciare le discriminazioni subite da chi sostiene e insegna la teoria dell’Intelligent Design contrapposta all’evoluzionismo darwinista. O come nel megaprogetto del Christian Theme Park, varato dall’organizzazione cristiana evangelica AH Trust, che prevede un centro di produzione video per realizzare serie televisive in stretta versione creazionistica, abbinato a una multisala da 5 mila posti per assistere a film, conferenze e maxishow.
Fortunatamente però non c’è solo questo nel panorama della comunicazione in materia di evoluzione. Di tutt’altro genere sono infatti alcuni contribuiti apparsi su Osservatore Romano, Avvenire e Vita e Pensiero che, lungi dal porsi sulla difensiva, conducono il lettore in un percorso razionale critico e aperto.
Come nel contributo del card. Christoph Schönborn, ormai uno specialista di questi temi, che riprende l’intervento tenuto alla GMG a Sidney, dove aveva invitato i giovani a «superare lo scientismo dominante nella nostra cultura» e a riscoprire la filosofia della natura, evitando di «chiedere troppo alla scienza» ponendole domande alle quali non può rispondere.
Nell’ambito della filosofia della natura si potranno riconsiderare tre questioni cruciali nel dibattito sull’evoluzione: l’idea di specie, che è tutt’altro che definita scientificamente; il concetto di “forma”, necessario per studiare i viventi, nei quali si esprime qualcosa che è ben di più dell’insieme dei singoli componenti materiali; infine si potrà approfondire il mistero della “leggibilità” della realtà, rinunciando alle letture parziali – e a lungo andare insoddisfacenti – di molta scienza: «la visione materialistica ristretta della scienza scambia le lettere per il testo», precludendosi l’accesso al senso di ciò che viene indagato.
Non meno stimolanti, anche perché distillati dalle conoscenze specifiche accumulate nella intensa attività di paleoantropologo, gli interventi di Fiorenzo Facchini, che riecheggiano i contenuti del suo ultimo libro Le sfide dell’evoluzione. in armonia tra scienza e fede (Jaca Book), presentato oggi al Meeting di Rimini.
Anche lui, come Schönborn e lo stesso Benedetto XVI, considera fondamentale riporre al centro l’idea di creazione, intesa non solo come evento straordinario accaduto a un certo punto ma come «la relazione di dipendenza radicale dell’essere creato, agli inizi delle cose e nell’esistere attuale», dove quindi Dio viene visto come «causa prima che opera nelle e attraverso le cause seconde, lasciando a esse l’autonomia operativa».
Creazione che non si pone come alternativa all’evoluzione, anzi ne è la condizione basilare, riconoscibile razionalmente: «il processo evolutivo richiede che a monte vi siano delle proprietà nella materia che non possono derivare dal processo stesso».
(mg)