Il ministro Gianfranco Rotondi si è lamentato del fatto che i parlamentari sarebbero costretti a tirare la cinghia in quanto costretti a vivere con «soli» 4mila euro al mese.
«POVERI» PARLAMENTARI – In molti in Italia vorrebbero tirare la cinghia come loro, eppure il ministro per l’Attuazione del programma se ne è uscito con questa bizzarra esternazione nel corso di un’intervista a Repubblica. «Propongo che il 2012 diventi l’anno del parlamentare a chilometro zero. A costo zero. Ridotto a vero proletario: dal prossimo 1 gennaio al successivo 31 dicembre lo lasciamo senza busta paga e senza uno straccio d’auto blu su cui salire e pavoneggiarsi», aveva esordito in modo promettente Rotondi. Che poi però ha aggiunto: «Dal 1 gennaio del 2013 tutto torna come prima. La politica ha un suo decoro e la democrazia è un valore supremo». Sarebbe come una sorta di anno sabbatico degli sprechi della politica, ma – prosegue Rotondi – «però poi l’astinenza termina. Non dimentichi questo passaggio, altrimenti la proposta perde di forza propulsiva». Ma improvvisamente il tono di Rotondi cambia e diventa malinconico: «Lei crede che il parlamentare navighi nell’oro? Conosco colleghi che valutano se possono restare a Roma un giorno in più. Costretti a fare il conto della serva. 8000 euro di indennità più 4000 di portaborse. Fanno dodicimila».
VIVERE CON «SOLI» 4MILA EURO – Ma per Rotondi almeno due terzi di questa somma vanno in spese legate all’attività di parlamentare: «Uno che ti apre l’ufficio a Roma lo devi pagare. E devi fargli un contrattino, per quanto leggero. Un altro che ti apre l’ufficio nella città di residenza lo devi pagare», per non parlare di «un terzo che magari ti segue. Duemila euro per dormire a Roma. E poi devi mangiare: vanno via altri duemila euro». La conclusione da un punto di vista aritmetico non fa una grinza: «Per la famiglia ne restano quattromila». Tanto che Rotondi confida: «Da sempre faccio le vacanze al lido Miramare di Pineto degli Abruzzi. La casa di vacanza dei genitori. Né lussi, né cene, né vestiti. Ai tempi d’oro mettevo da parte anche la metà di quel che guadagnavo. Poi fidanzamento, matrimonio, figli e vattelapesca».
QUANTO PRENDE (DAVVERO) UN SENATORE – Ma quanto prende veramente di stipendio un parlamentare? Innanzitutto, l’articolo 69 della Costituzione stabilisce che «i membri del parlamento ricevono un’indennità stabilita dalla legge». La norma ha trovato attuazione nella legge che disciplina l’indennità – la n. 1261 del 31 ottobre 1965 – in cui si spiega che «l’indennità spettante ai membri del Parlamento ha lo scopo di garantire il libero svolgimento del mandato». La legge 1261 del ‘65 precisa che indennità e rimborsi spese non devono superare il «trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate».
PENSIONI DA NABABBI – Come rivela il sito web del Senato, nel 1993 «si è così scelto di parametrare l’indennità al 96 per cento del trattamento complessivo dei magistrati di Cassazione nominati alle funzioni direttive superiori». Successivamente l’importo dell’indennità è stato ridotto del 10 per cento con la legge finanziaria 2006. L’indennità mensile di un senatore è quindi di 5.355,50 euro. A questa vanno aggiunti i rimborsi spesa, in primo luogo la diaria che dal 1 gennaio 2011 è pari a 3.500 euro. Questa somma è ridotta di un quindicesimo se il senatore non partecipa almeno al 30% delle votazioni effettuate nell’arco della giornata. Ciascun parlamentare ha diritto inoltre a 4.180 euro per i portaborse, di cui 1.680 euro corrisposti direttamente all’onorevole e 2.500 versati al suo gruppo di appartenenza. Ma a ingrassare l’indennità c’è anche il rimborso forfettario delle spese generali, pari a circa 1.650 euro, cui si aggiungono facilitazioni per i trasporti come tessere strettamente personali per spostarsi sul territorio nazionale utilizzando aerei, treni e traghetti. Inoltre, qualsiasi senatore se resta in carica per almeno cinque anni ha diritto a un assegno vitalizio a partire dal 65esimo anno di età. Anche se la vera e propria manna per gli ex deputati e senatori è l’assegno di solidarietà, pari all’80 per cento dell’indennità lorda, moltiplicata per il numero di anni di mandato.
(Pietro Vernizzi)