Lo sciopero del mondo della scuola del 5 maggio scorso un effetto lo ha certamente avuto: la frenetica consultazione di sindacati ed associazioni convocati la scorsa settimana dal Pd presso la sede romana e l’accelerazione nelle Commissioni cultura ed istruzione di Camera e Senato della discussione degli emendamenti al ddl sulla Buona Scuola, con l’individuazione dell’appuntamento del 19 maggio alla Camera per l’avvio del dibattito parlamentare. Uno stop (quello del mondo della scuola) and go (la ripartenza del mondo politico) che va osservato con attenzione ed accompagnato con atteggiamento vigile e critico, ma collaborativo e costruttivo da parte di chi desidera sostenere questa inaspettata possibilità di rilancio dell’autonomia.
Perché di questo si tratta: favorire un sistema di istruzione che consenta ai docenti di fare scuola. La propria scuola. In autonomia e libertà.
Ed al preside di esercitare la propria responsabilità: tutta e fino in fondo, per il bene della scuola che dirige. Né sceriffo, né manager, né sindaco: chi ha scelto di fare questo mestiere non può non essere una persona che ha deciso di offrire la propria esperienza professionale, la propria umanità, la propria cultura per contribuire, insieme a docenti e genitori, alla domanda di formazione che ciascuno degli alunni che frequentano quella scuola rappresenta: dirigere persone a far emergere lo scopo che sostiene l’azione educativa, renderlo condiviso e indirizzare ad esso tutte le risorse a disposizione.
E’ la responsabilità da assegnare a chi guida una scuola di favorire questo dialogo tra adulti e giovani, responsabilità che, in un ambiente formativo, è decisiva, perché senza autorità non esiste esperienza di educazione, di alleanza formativa e, perciò, di cultura.
L’avventura educativa è un cammino che richiede, tanta o poca, comunione di destino, dunque comunione di umanità secondo la totalità delle aspirazioni e delle esigenze delle singole persone; al contrario del dubbio, della faziosità e della lotta — che hanno imperato in tante scuole in questi decenni — che diventano cortina fumogena alla domanda di apprendimento dei ragazzi e ostacolo alla vera corresponsabilità tra gli adulti.
In questo tentativo, chi ha il ruolo di guida è figura decisiva: per questo deve essere messo in grado di agire in piena responsabilità e corresponsabilità ed avere gli strumenti per esercitare il “rischio” della propria professione. Altro che burocrate o funzionario!
Un ruolo unico ed originale, quello del ds come responsabile dell’azione formativa di una scuola autonoma, che va sostenuto nella discussione del ddl e che trova nell’art. 2 un’adeguata definizione del contenuto della sua azione: “garantire un’immediata e celere gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio” riconoscendone proprio l’azione di coordinamento e di unitarietà gestionale.
Gli emendamenti e la discussione in corso nelle sedi parlamentari, senza seguire le sirene che ne paventano rischi di dispotismo (e di nepotismi), dovrà essere attenta a sostanziare proprio questa libertà di azione del dirigente scolastico: libero, per poter “rispondere”, appunto.
A chi? E come?
Certamente, in ultima analisi, all’utente, alunno e famiglia. Ma, professionalmente e tecnicamente, a tre soggetti che la discussione in Parlamento deve, a mio parere, identificare e definire nel testo definitivo.
1. Innanzitutto il dirigente scolastico deve essere vincolato a rispondere ad un organo di gestione della singola istituzione scolastica (consiglio di istituto, consiglio di amministrazione o board, che dir si voglia) al quale affidare il compito di dare l’indirizzo gestionale, progettuale, finanziario interpretando le caratteristiche dell’utenza, del territorio e dei soggetti che collaborano alla scuola; un’ importante distinzione, quindi, tra funzioni di gestione del preside da quelle di indirizzo politico nella scuola.
2. In secondo luogo occorre distinguere le funzioni di gestione del ds da quelle di indirizzo politico nella scuola. E’ una distinzione indispensabile proprio per evitare da un lato il rischio di una deriva autoritaria del dirigente e, dall’altro, che “egli diventi un ‘superburocrate’ che risponderà solo all’amministrazione scolastica e non alla comunità di riferimento della scuola” (A. Poggi). Da questo punto di vista lo stralcio dal ddl della delega al Governo della riforma degli organi collegiali che è stato inserito negli emendamenti, impegna urgentemente il Parlamento a riscrivere nuovi organi decisionali a livello di singola scuola.
3. Il ds deve, poi, essere inserito in un contesto di reale collegialità di primo livello, che si realizza con l’identificazione di un gruppo di direzione composto da insegnanti, alcuni da lui individuati e alcuni scelti dal collegio dei docenti, che con lui concorrono, come corresponsabili, appunto, al “governo” della scuola, collaborando nell’impegno, riconosciuto in termini di carriera ed economici, in ambiti decisivi come l’innovazione didattica, la formazione, i rapporti con il territorio, l’orientamento. Un collegium nel quale il dirigente trovi condivisione di istanze, possibilità di confronto, “cor-rezione” ed ai cui componenti possa affidare incarichi e funzioni di natura fiduciaria. Insieme.
Le proposte emendative dovranno, in tal senso, introdurre nel testo di legge un modello di governance che consenta al dirigente di scegliere e disporre di collaboratori che lo coadiuvino, di sviluppare spazi di decisionalità condivisa reali e immediati, di disporre di docenti con orario ridotto di insegnamento interessati a dedicare la propria professionalità non solo nell’insegnamento, ma, anche, nella realizzazione dei compiti specifici ed indispensabili per la attuazione dell’offerta formativa.
Il dirigente scolastico dovrà rispondere, infine, ad un nucleo esterno di valutatori che ne considerino, seriamente, l’azione ed i risultati. La valutazione dei risultati del ds, già prevista dall’art. 25 del dlgs 165/2001, è contenuta in specifici emendamenti che sono stati approvati in questi giorni all’interno della Commissione istruzione e che sarà, con probabilità, introdotta nel testo di legge.
E’ in un tale contesto di responsabilità che va ricollocata e consentita anche la contestata possibilità da parte dei ds dell’assunzione diretta dei docenti: negli ultimi emendamenti presentati è previsto che “il dirigente, per la copertura dei posti dell’istituzione scolastica, propone gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti” facendo riferimento a reti di scuole che concorrono alla scelta dei docenti. E’ opportuno che l’individuazione del docente da assumere avvenga da parte di una commissione coordinata dal ds, magari in applicazione di criteri di scelta scelti dall’organo di amministrazione della scuola, anche con modelli di rete tra scuole e, certamente, con caratteristiche di trasparenza ed equità: a) la durata triennale e rinnovabile per ulteriori cicli triennali; b) il conferimento degli incarichi con modalità che valorizzino il curriculum, le esperienze e le competenze professionali, anche attraverso lo svolgimento di colloqui; c) la trasparenza e pubblicità degli incarichi conferiti e dei curricula dei docenti attraverso la pubblicazione sul sito internet dell’istituzione scolastica.
Esistono oggi, all’interno del Parlamento, anche amici della scuola e della autonomia, persone che hanno capito che è tempo di investire sul capitale umano: parlamentari di diversa estrazione culturale che il mondo della scuola, l’associazionismo scolastico e le rappresentanze sindacali, con atteggiamento di incontro e non di scontro, sono chiamate a sollecitare affinché emergano proposte che non snaturino l’impianto del ddl originario, ma lo sostanzino nell’articolato definitivo, con modalità attuative snelle, trasparenti ed efficaci.