Ho riletto il testo che mi piace molto, per l`ennesima volta. Avevo appena terminato,quando, in Val Badia, dove ero in vacanza con la comunità di Cl del mio paese, Carate, si sparse la voce della visita del Papa, l`indomani, 5 agosto, a Ojes, città natale di San Giuseppe Freinandemetz, missionario in Cina e lì morto di tifo nel 1909, dopo essere scampato a persecuzione. Decidemmo immediatamente di andare tutti, partendo per tempo, come è conveniente in questi casi.
Abbiamo atteso il Papa per qualche ora, insieme a persone di ogni età, donne incinta, bambini e anche malati, cotti dal sole di montagna, che per fortuna ogni tanto se ne andava. La miscela di entusiasmo e di fatica mi faceva venire in mente la domanda dei Cori, che don Giussani ha eletto a motivo di fondo del suo magnifico testo, «La coscienza religiosa nell`uomo moderno» (ne «Il senso di Dio e l`uomo moderno», BUR): «È la Chiesa che ha abbandonato l`umanità o è l`umanità che ha abbandonato la Chiesa?». Il fervore dell`attesa di chi mi circondava contrastava evidentemente con la freddezza, l`ottusità, se non l`indifferenza, con cui troppe volte è accolto il messaggio del Papa.
D`altra parte, non infrequentemente, la domanda di verità del popolo o delle persone si scontra con un discorso degli uomini di chiesa, preti e laici, difficile, soggetto alla mentalità dominante, incapace di far percepire l`abbraccio del mistero. Giussani ci leggeva e commentava i “Cori della Rocca”, proprio perché desiderava trasmetterci, oltre che la novità, la drammaticità unica del fatto cristiano che, dalla sua origine fino al presente, sfida credenti e non credenti a essere veri.
Si dice che il testo di Eliot è profetico della secolarizzazione che ha colpito le società occidentali, a volte definite anche post-cristiane. É certamente così, ma non solo, perché, se fosse solo così, la profezia sarebbe una diagnosi ideologica e il suo apprezzamento una compiacenza intellettuale. La profezia è percezione del dramma presente. “Il deserto non è così remoto nel tropico australe (…) è pressato nella metropolitana presso di voi (…) è nel cuore di vostro fratello (…). La nostra è un`età di virtù e di vizio moderato in cui gli uomini non deporranno la croce perché mai l`assumeranno”. L’ età è quella di oggi, oggi del 1934 e oggi del 2008; del futuro conosciamo solo la promessa o la maledizione del presente. «Rendete perfetta la vostra volontà», cioè amate, è l`appello che pervade i Cori sin dalle prime pagine. È la mancanza di amore il vero deficit di conoscenza – «tutta la nostra conoscenza ci porta più vicini alla nostra ignoranza» – che fa percepire la Chiesa rocciosa, la “Rocca”, e “Straniera”, lontana, se non ostile all`uomo, perché apparentemente ostacolante la sua libertà.
É la mancanza di amore che rende il mondo quel «buio esterno e interiore» da cui evadere «sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno di essere buono». La Chiesa stessa deve edificare di continuo, perché il passato, la sua gloria e la sua storia, non trovano senso se non in una novità di vita presente. «Se il sangue dei martiri deve fluire sui gradini, dobbiamo prima costruire i gradini». Non si tratta solo dei gradini del tempio, ma delle pietre vive di cui è fatto il popolo cristiano. E amore non è semplice sentimento; è affermazione di ciò che fala vita e la morte, di ciò che gli uomini vorrebbero scordare, ma non possono, perché c`è. In «un momento predeterminato nel tempo e del tempo» è stato dato il senso di tutto. «Bestiali, carnali, egoisti, interessati e ottusi come sempre (…), sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando», gli uomini, in fondo, non potranno rinnegare la Straniera, perché essa non cessa di rendere presente la realtà, per cui «visibile e invisibile, due mondi si incontrano nell`Uomo», Cristo e la sua Chiesa.
In un libro uscito in questi giorni («Uomini senza patria», Rizzoli), a proposito di questa pagina di Eliot, don Giussani commenta: «Tutto cambia se questo fatto è il centro della mia vita (…) se è riconosciuto come presenza (…). Una Presenza che penetra tutto il tempo, come il significato penetra ogni istante e ogni brandello di cosa». Una “luce invisibile” ci ha colpiti, conclude Eliot; luce che non acceca, ma si propone discretamente, “frantumata”, appellandosi alla nostra libertà e suggerendoci che saremo protagonisti seguendo la luce (la verità) e non pretendendo di possederla. «Eppure nulla è impossibile, nulla, agli uomini di fede e convinzione». «O protagonisti o nessuno», recita il titolo del Meeting di quest`anno.