Mandare il proprio figlio in una scuola paritaria è un bene di lusso, come acquistare un motoscafo? Ovviamente una battuta, ma neanche tanto, visto che nel nuovo redditometro previsto dal governo Monti per “controllare l’evasione fiscale” spunta anche l’obbligo di segnalazione per chi manda i figli in una scuola privata. Esattamente come se si trattasse dell’acquisto di un’auto di lusso. Non è neanche una novità, perché già nel 2009 l’allora ministro del tesoro Giulio Tremonti aveva fatto lo stesso, scatenando la levata di scudi delle associazioni delle scuole paritarie e anche di alcuni esponenti della stessa maggioranza che sosteneva il governo. Secondo Roberto Pasolini, membro del gruppo di lavoro per la parità scolastica presso il MIUR contattato da IlSussidiario.net, non siamo davanti a un attacco nei confronti delle scuole paritarie e della libertà di educazione. “E’ chiaro” dice “che in questa fase lo Stato le pensa tutte per avere maggiori entrate, risanare i bilanci e mettere in parità il debito pubblico”. Ma è anche altrettanto chiaro, aggiunge, che “siccome l’istruzione è un bene particolare sancito anche dalla nostra Costituzione, andrebbe valutato l’impatto di una cosa di questo genere e il complesso di situazioni che va a toccare. Non si può infatti dire che il fatto che una persona che paga 3, 4 o anche 5mila euro per mandare un figlio a una scuola paritaria, sia automaticamente un indice di ricchezza”.
Professore, torna il redditometro e torna l’obbligo di segnalazione per chi manda i figli alle scuole paritarie.
L’allora ministro Tremonti per primo aveva già impostato un redditometro con le medesime condizioni di queste e già si era scatenato un dibattito allora. E’ difficile commentare perché il discorso è molto complesso.
Proviamo a individuare dei punti.
Da un certo punto di vista logico e teorico si può dire che la scuola paritaria già di per sé è un settore che non viene ancora riconosciuto come servizio pubblico con un contributo da parte dello Stato. Quindi va a gravare sulle famiglie che prediligono tale opzione per poter mantenere la libertà di scelta educativa. Questa situazione fa sì poi che le famiglie che finiscono per sottoporsi a questa tipologia di contributo per permettersi questo tipo di scelta, si vedano inserite nel novero di chi ha possibilità economiche oltre misura.
Parametrando cioè l’iscrizione a una scuola paritaria come fosse l’acquisto di uno yacht o di un motoscafo.
Esattamente, questo da un punto di vista teorico non è accettabile. Che l’istruzione cioè sia paragonabile a un bene di lusso. Ai tempi, quando si alzò il problema, l’Agenzia delle entrate replicò dicendo non esserci in realtà alcun problema.
In che senso?
L’Agenzia rispose che dal redditometro di una persona che fa dei sacrifici per mandare i figli a una scuola paritaria, si sarebbe potuto evincere questa situazione senza difficoltà e non avrebbe comportato per tali casi alcuna problematica. Rimaneva un indice che per qualcuno era un indice in più, cioè una ricchezza di cui avrebbe dovuto rendere conto all’Agenzia delle entrate. In sostanza, chi presenta un reddito dove non si presentano sbilanci significativi non dovrà rendere conto di niente.
Questo le sembra sensato nell’ottica di una libertà di scelta educativa?
Allora le associazioni delle scuole paritarie denunciarno il fatto che oltre a non avere un contributo da parte dello Stato, in qualche modo si metteva pure un bastone fra le ruote delle famiglie. La risposta fu quella.
Ora tutto parrebbe ripetersi.
Come le dicevo all’inizio, si tratta di un discorso estremamente complesso. Occorre capire in che misura la scelta educativa sarà valutata come indice di ricchezza; e se il valore sarà o non sarà allineato con le altre informazoni in possesso del fisco.
Cioè?
Potrebbe risultare che il contribuente, avendo fatto particolari sacrifici, non ha per questo un elevato tenore di vita e nondimeno è considerato passibile di accertamenti. E’ giusto sottoporre a questo tipo di situazione tutte quelle famiglie – e sono tante – che già con difficoltà fanno questo tipo di scelta?
Dunque l’inserimento nel redditometro lascia molto perplessi.
Ne fuoriesce una problematica non da poco: una scelta, quella fatta dalla Agenzia delle entrate, che lascia certamente perplessi e meriterebbe un approfondimento diverso per una scelta più equa.
Ci spieghi meglio questo passaggio.
Andrebbe valutata la questione e sottolineato come il fatto che una persona che paga 3, 4 o anche 5mila euro per mandare un figlio a una scuola paritaria, non indichi automaticamente un indice di ricchezza. L’educazione è un bene fondante della nostra democrazia, merita attenzione particolare. La persona che acquista un bene di lusso di alto spessore, si trova con un coefficiente di reddito di un certo tipo? Si potrebbe allora considerare la spesa per l’istruzione secondo un coefficiente diverso da quello del bene di lusso.