Un gruppo di ricerca internazionale (composto da americani, francesi, belgi e tedeschi) è riuscito a modificare un batterio comunemente usato nella sperimentazione di laboratorio, in modo da ottenere, a seguito di un processo di selezione complesso e stringente, una variante del medesimo che “preferisce” il clorouracile alla timina e lo incorpora nel DNA. Ne hanno parlato in uno degli ultimi numeri della storica rivista di chimica Angewandte Chemie International Edition.
Come è ormai noto anche ai non esperti, il DNA contiene l’informazione genetica codificata da un “alfabeto” di quattro lettere, per l’appunto le quattro basi adenina, guanina, citosina e timina. Dunque, nel DNA di questo “nuovo” microorganismo, in ogni posizione in cui nella sequenza naturale era prevista la timina, si trova un clorouracile. In realtà, il clorouracile è strutturalmente molto simile alla timina, dalla quale si differenzia per contenere un atomo di cloro in una posizione della molecola dove la timina presenta un piccolo gruppo funzionale detto metile.
Proprio per questa notevole somiglianza chimica il clorouracile è potentemente tossico per tutti gli organismi, uomo compreso, in quanto viene incorporato nel DNA al posto della timina, ma a seguito di ciò causa rotture dei filamenti del DNA medesimo, che hanno conseguenze potenzialmente letali. Paradossalmente, il microorganismo è invece strettamente dipendente dalla disponibilità di clorouracile, in quanto può utilizzare questo, ma non la timina per la sintesi del DNA.
Quali sono le implicazioni di questa scoperta? In qualche senso questo team di scienziati ha inventato un nuovo organismo nel quale le regole base della chimica differiscono da quelle di tutti gli altri per un aspetto essenziale (per l’appunto la natura dei componenti del DNA). Ciò ha implicazioni anche in relazione alle nostre possibili previsioni circa la natura degli esseri viventi al di fuori del nostro pianeta (se ne esistono).
Una domanda che da sempre ci si pone è se questi possano basarsi su una chimica poco o tanto diversa dalla nostra. Il responso che questo esperimento ci dà è che effettivamente sono possibili soluzioni diverse rispetto a quelle che riscontriamo negli organismi terrestri.
La domanda che segue è: ma quanto diverse? L’esperimento in questione ha prodotto in realtà non più che una “variazione sul tema”, che non modifica nell’essenza il quadro generale delle leggi chimico-biologiche che governano gli organismi terrestri. E in verità questa non è una novità assoluta, in quanto è nota l’esistenza di microorganismi che utilizzano un codice genetico leggermente diverso da quello universale, sebbene questo sia una delle caratteristiche più basilari e condivise degli organismi sul nostro pianeta.
L’altro aspetto di interesse riguarda il possibile sviluppo di Ogm che possano restare rigorosamente confinati in un ambiente predefinito. Un organismo che dipendesse in modo stringente da un composto che non esiste in natura, ma che gli viene rifornito dall’uomo, non potrebbe proliferare senza il rifornimento del medesimo e quindi non potrebbe invadere l’ecosistema circostante.
In realtà, il microorganismo ottenuto nella sperimentazione citata non potrà mai fungere da fonte nutrizionale, in quanto, come già accennato, il clorouracile è velenoso per gli altri esseri viventi. Tuttavia il risultato di questa sperimentazione pone le basi teoriche per la produzione di altri organismi, interessanti in una prospettiva nutrizionale, ma che dipendano dal rifornimento di composti non velenosi per l’uomo e al contempo non riscontrati in natura.