E’ in libreria La Sagrada Familia. Un percorso dello sguardo, libro scritto e illustrato da Alessandro Rondena e Silvio Prota per le edizioni Cantagalli. La Prefazione di Jordi Bonet Armengol, architetto che ha lasciato l’impronta della sua genialità sulle guglie slanciate della Sagrada, mette immediatamente e senza preamboli in evidenza quale sia il messaggio che hanno voluto lanciare Rondena e Prota, quello che costruisce non chi immagina, ma chi guarda.
Sta qui la questione centrale non solo di una grande opera architettonica, ma della vita intera, sta nella tensione a guardare, proprio in quanto, come ha insegnato Gaudì, genera solo chi sa guardare. E’ questo il segreto dell’architetto catalano: ha saputo guardare la realtà, e avendolo fatto tanto profondamente e intensamente ne è esplosa una capacità creativa inimmaginabile, come da un fiotto di luce tutto si fa illuminato per il cammino di dilatazione che proviene dal primo timido bagliore.
Rondena e Prota hanno saputo svelare il segreto della Sagrada, entrando nelle pieghe della sua imponente architettura, svelando che la maestria di Gaudì non è innanzitutto dentro la sua capacità immaginativa, che pur è presente e in modo qualitativamente elevato, ma sta nel trovare dentro la realtà i tratti di un’armonia in cui tutto diventa vero e bello. Il segreto di Gaudì è la realtà, la realtà come dato e non come esito modellato dalla genialità delle idee di cui l’uomo è capace, la realtà come ciò in cui l’uomo si imbatte e che mette in moto la sua genialità.
Per questa ragione la Sagrada, pur diversa dalle cattedrali medioevali, vi si accosta in modo vertiginoso, proprio perché vi è una linea di continuità tra gli architetti medioevali e Gaudì, una linea di continuità che non passa dalle forme, ma si attesta sul metodo, che con grande sorpresa degli autori di questo pregevole testo è lo stesso, è il metodo sotteso dal “percorso dello sguardo”. Se l’arte fossero delle forme da imitare o a cui tendere, la continuità sarebbe una continua rottura con il precostituito e la novità sarebbe solo il superamento di ciò che si è già fatto, mentre se la novità fosse sì nuova ma in continuità con il passato allora si dovrebbe cogliere dove stia questo punto di originalità che pur si ancora ad un già dato.
E’ quello di cui vanno alla ricerca Rondena e Prota, i quali analizzano puntualmente Notre-Dame di Reims, Santa Maria del Mar e poi si buttano a scandagliare la facciata della Natività e della Passione della Sagrada per scoprire che è sempre lo stesso metodo, quello di seguire la realtà, a fare da impronta alle grandi opere architettoniche esaminate.
La creatività è la mossa della realtà, o — come soleva dire Gaudì — “il mio maestro è l’albero”, è a questo che ci portano Rondena e Prota, con una annotazione decisiva, che può scoprire la genialità di un architetto come di un pittore o di un musicista: solo chi fa esperienza del percorso dello sguardo che la realtà libera e sviluppa potentemente.
Con Gaudì si avverte in modo dirompente una verità antica, che la genialità non è uno spunto irrazionale del momento, ma è il solco tracciato da un percorso, la genialità è qualcosa che già c’è e che aspetta solo di essere scoperto. La genialità è un cammino che la realtà avvia e incalza, riconoscerlo fa apprezzare e valorizzare ogni singolo aspetto di cui è intessuto il reale. In questo — nel fatto di essere impastata di realtà — si colloca il valore dell’opera d’arte.