Sono passati due anni dal 13 luglio 2015, giorno di emanazione della legge 107 della “Buona Scuola”. Un anniversario passato finora sotto silenzio: un profilo basso tenuto non solo dalla politica, ma anche dall’amministrazione scolastica ministeriale, impegnata in questo momento a gestire non senza difficoltà tante delle piste avviate proprio da quella legge. Dopo due anni di navigazione in alto mare, si può, ora, provare ad analizzare e a giudicare un pezzo di percorso, anche solo per riprendere la bussola?
Diversi campanelli d’allarme indicano che qualcosa non ha funzionato.
Innanzitutto le modalità di assunzione, di individuazione e di nomina dei docenti nelle scuole statali, punto forte della 107, che in questi due anni hanno rappresentato, in termini di procedure, di tempi, di contenziosi, quanto di più complicato ci fosse da gestire da parte delle singole scuole, senza, tuttavia, garantire stabilità di assegnazioni alle classi ed agli alunni. Ripartono, infatti, con il prossimo anno scolastico, le assunzioni dei docenti utilizzando il precedente sistema delle graduatorie di II e III fascia di istituto, riaprendo inevitabilmente una nuova stagione di precariato e di nomine annuali sulle classi.
Un’altra sirena d’allarme? La legge 107 era stata salutata positivamente perché introduceva alcuni principi innovativi: la chiamata diretta e la valutazione del merito dei docenti, la programmazione triennale dell’offerta formativa, l’introduzione di un organico dell’autonomia funzionale, sulla carta, alle reali esigenze dei singoli istituti con il “potenziamento” di alcune cattedre, la valutazione dei dirigenti scolastici, la triennalità dell’incarico dei docenti trasferiti in un nuova scuola, la costituzione di reti tra scuole per la realizzazione di piani formativi e la condivisione di servizi amministrativi; e altro ancora.
Le modalità di attuazione di tali principi, macchinose e complesse, ne hanno, però, nei fatti, rallentato la traduzione operativa se non addirittura svuotato la portata innovativa. Potrà sembrare paradossale, ma oggi molti presidi, che da anni attendevano l’introduzione di quei principi e di quegli strumenti, non faranno chiamate dirette, replicheranno l’assegnazione dei bonus premiali tra i malumori dei propri docenti, compileranno il portfolio propedeutico alla propria valutazione come puro adempimento formale, continueranno ad utilizzare docenti assegnati a materie di potenziamento diverse da quelle richieste dalle scuole, e dovranno nuovamente rivedere le progettazioni formative triennali per via dell’imminente turnover di molti docenti già assegnati alle scuole con vincolo triennale di sede messi ora nella possibilità, invece, di trasferirsi ad altra scuola.
Va dato atto alla ministra Fedeli di avere promulgato nello scorso aprile gli otto decreti attuativi della Buona Scuola: un’occasione attesa dagli operatori scolastici nella speranza che quegli atti completassero alcuni settori della legge madre. La ricaduta delle modifiche da essi introdotte, senza voler entrare in un giudizio di merito sui contenuti, avverrà, tuttavia, in un arco di tempo compreso tra il 1° settembre 2017 e l’anno scolastico 2025-26. Serviranno, inoltre, non meno di 42 decreti ministeriali per portare a piena attuazione tutti i decreti, senza considerare anche i provvedimenti di competenza delle Regioni e degli Enti locali, soprattutto per l’attuazione di quelli relativi al diritto allo studio, alla riforma 0-6 e all’istruzione professionale: un tempo infinito durante il quale può capitare tutto e che, soprattutto, aumenta oggi l’incertezza.
Gli anni di avvio della 107 hanno, infine, coinciso anche con l’introduzione di nuove norme nella pubblica amministrazione, di cui la scuola statale fa parte: la legge 124 anch’essa del 2015 in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, l’aggiornamento del Codice degli appalti, le garanzie relative all’anticorruzione, la digitalizzazione e la dematerializzazione degli uffici, le norme sulla disciplina dei dipendenti pubblici. Nuovi vincoli, adempimenti e responsabilità che stanno, oggettivamente, appesantendo la quotidiana gestione delle scuole, con un aggravio, ancora, del quotidiano lavoro dei presidi.
(1 – continua)