“Sono passati 30 anni dall’inizio del Meeting di Rimini, ma persiste l’entusiasmo. L’ho visto, ne sono rimasto colpito, nel sentimento di amore, nella passione, nella leggerezza del parlare con la gente. Nel sentirsi liberi di parlare dell’essenziale, utili in questo mondo nel servizio cristiano. È un miracolo che si spiega solo con la fede, con la nostra fede cristiana”. La sorpresa, in questa frase, è tutta racchiusa in due fattori: chi l’ha pronunciata, il rettore dell’università ortodossa San Tichon, Vladimir Vorobyev, e il luogo dove è stata pronunciata (ieri, 20 novembre, ndr): l’ambasciata italiana a Mosca, dopo che il padrone di casa, l’ambasciatore Antonio Zanardi Landi, aveva introdotto “gli amici del Meeting” sottolineando il contributo dato dalla manifestazione riminese “alla vita culturale italiana, al dibattito internazionale e agli incontri tra governi e stati”.
Una frase, e un evento – la prima presentazione assoluta dell’edizione 2013 del Meeting dedicato all’“emergenza uomo” e alla documentazione delle “possibilità di ricominciare a costruire”, come ha detto la presidente Emilia Guarnieri – che si sono incastonati nella sessione moscovita (18, 19, 20 novembre) del convegno della Fondazione Russia cristiana sul tema “Est-Ovest; la crisi come prova e provocazione”.
La tre giorni è stata la scena di un evento la cui portata appare già profonda: la presentazione dei primi due volumi della collana che raccoglie la traduzione dell’opera omnia di Sant’Ambrogio, segno di una convergenza sul santo della cristianità ancora unita tra l’università ortodossa San Tichon e la Veneranda biblioteca ambrosiana e con l’introduzione, per partre cattolica, del cardinale Angelo Scola. Una collaborazione nata da un’intensa e reciproca stima tra docenti e studenti italiani e russi e che dovrebbe aprirsi a breve a un nuovo esperimento, la traduzione russa dell’opera di Sant’Agostino.
Fatti che parlano da sé. Come i luoghi che a Mosca, nella tre giorni di Russia cristiana, hanno ospitato la presentazione del cattolicesimo italiano al pubblico russo (cento persone a ogni singolo appuntamento e con un considerevole ricambio di uditori). Lunedì nell’ex museo della rivoluzione russa (e ora museo di storia contemporanea), luogo in cui è stata esposta, in lingua russa, la mostra sui 150 anni dell’Italia realizzata dalla Fondazione per la sussidiarietà, e dove sono state sottolineate la convergenza che le forze popolari, compresa quella di matrice comunista, raggiunsero nella scrittura della Costituzione per la parte relativa ai diritti della persona e dei corpi intermedi, e il grande segno lasciato nell’unità d’Italia dall’opera dei santi torinesi.
L’altro luogo significativo del convegno è stata la “biblioteca dello spirito” che, con centro culturale, convegni, casa editrice e biblioteca dal 1992 contribuisce a rafforzare le ragioni di una collaborazione fattiva tra cattolici e ortodossi sulla scia di quanto affermava Giovanni Paolo II sui “due polmoni” dell’Europa. Polmoni che la identificano culturalmente e storicamente come un continente, come è stato sottolineato in apertura di convegno: una realtà che geograficamente parlando non sarebbe altro che una penisola dell’Asia.
A prova di questo, l’originalità del pensiero cristiano specie in Italia, come hanno evidenziato la poetessa russa Olga Sedakova parlando di Dante, e Uberto Motta, docente di letteratura italiana a Friburgo, in un commovente ritratto dell’incontro tra l’Innominato e il cardinal Federigo nei Promessi sposi del Manzoni, parlando in un altro “tempio” della cultura ortodossa ossia l’Università San Giovanni. Proprio l’episodio descritto nell’intervento di Motta è sembrato sintetizzare un tema centrale dei tre appuntamenti moscoviti: il contributo che il cristianesimo può dare in un mondo postmoderno. Dove la crisi in atto da una parte e dall’altra dell’Europa, come ha detto don Stefano Alberto, docente di Introduzione alla teologia nell’Università Cattolica di Milano, riferendosi alla situazione italiana e a quella russa, possono “diventare un’opportunità per una nuova nascita”.
Motta ha sottolineato, Promessi sposi alla mano, come la conversione dell’Innominato, autore del rapimento di Lucia, sia stata provocata dallo scoprire l’“allegria del cardinal Federigo” nel venirgli incontro. “Nel suo cuore era emersa la domanda: cos’ha quell’uomo per rendere tanta gente così allegra? Ciò che obbliga l’uomo a non restare indifferente è innanzitutto una testimonianza nel segno del sorriso che incontra il bisogno di felicità dell’uomo a dispetto dei diavoli che porta dentro”. Questa è stata la proposta lanciata − su un piano teologico e morale − dall’intervento fatto da don Stefano Alberto presentando un’altra grande novità di incontro tra cattolicesimo e ortodossia, ovvero l’imminente pubblicazione della traduzione russa del libro del cardinal Scola Una nuova laicità.
“Il contributo originale dei cristiani − ha detto Alberto − è il giudizio della fede e il dono dell’appartenenza ecclesiale. L’azione dei cristiani è la testimonianza. Essa vive nel gratuito comunicarsi di una vita cambiata per grazia, di un’umanità diversa”. Qualche giorno prima, non a caso, in un incontro con un gruppo di giovani cattolici, ortodossi e protestanti Stefano Alberto aveva detto che la fede è un cammino, in una lotta che oggi può essere immane, grandissima, anche drammatica perché è un rapporto col Mistero da ricominciare ogni giorno. Niente egemonismo, niente omologazione. Come alla scuola di Sant’Ambrogio: “Egli − ha detto don Francesco Braschi, della Biblioteca ambrosiana − rimane così sempre coerente nell’affermazione di una realtà, la Chiesa, che è positiva perché abitata da Cristo. In Lui anche la considerazione della dimensione politica sa evitare la caduta nelle opposte e frequenti derive da un lato della condanna senza appello di chi la vede come irrimediabilmente malvagia; dall’altro lato di un’acritica adesione a un sistema di potere che viene ‘beatificato’ in forza della sua disponibilità a dichiarare la propria dipendenza dalla sfera ecclesiastica”.