Marco Andreolli, scrittore nato a Bolzano nel 1968, arriva al traguardo della quarta pubblicazione con il libro Martini e Ferretti (Edizioni di Pagina, 2016), un romanzo illustrato dai disegni essenziali di Cristina Cantoni, in cui si racconta la storia di due giovanissimi allievi ufficiali della Marina che, negli anni della seconda guerra mondiale, vengono coinvolti in una missione segreta ad alto tasso di rischio. Ferretti, trasportato senza ulteriori spiegazioni insieme a Martini su un’isola della Toscana per essere sottoposto a uno spietato addestramento militare, viene scelto per una mission impossible: deve infiltrarsi tra le file dell’esercito inglese a Malta, spacciandosi per l’unico sopravvissuto di una disfatta inglese in mare. In questo modo, guadagnata la fiducia del comando nemico, sarebbe in grado di disserrare le difese di Malta dall’interno e far penetrare le armate della Marina italiana, pronte a conquistare l’isola. Ferretti, scelto non tanto per le qualità militari, quanto a motivo della casuale somiglianza con il soldato inglese per il quale si sarebbe spacciato, pur senza capire le ragioni e con uno sprezzo del pericolo più disperato che coraggioso, obbedirà ai superiori: riuscirà a infiltrarsi a Malta, insabbierà i sospetti dell’esercito inglese, verrà umiliato, mettendo in gioco più volte la vita. Eppure, nel fingere di essere un’altra persona, compirà un cammino di autocoscienza che lo porterà a scoprire qualcosa di più potente della paura della morte: il sentimento d’amore per l’infermiera che, per prima, ha avuto cura di lui dopo il suo ritrovamento in mare.
Il romanzo, sin dalle prime pagine, mette a tema l’incombenza di un destino oscuro che i due personaggi — e in particolare Ferretti, direttamente coinvolto nell’operazione militare — non sembrano mai in grado di decifrare, se non per il tramite di incontri, avvenimenti e rivelazioni che superano, per densità e decisività, la cieca avversità delle circostanze; in secondo luogo, Andreolli opera una riflessione sul tema della paura della morte e del sacrificio, evidenziandone i risvolti psicologici nella mente di Ferretti, violentata dalla guerra. Il ritmo della scrittura, i colpi di scena che esplodono e le sottotrame che si diramano nel succedersi frenetico degli eventi, il realismo dei dialoghi — talvolta un po’ troppo innaturale, nel mancato uso della punteggiatura prima e dopo i nomi propri, per esempio — contribuiscono a rendere scorrevole e accattivante la lettura del libro.
E, se la struttura del romanzo non fosse così ancorata ai saldi, necessari meccanismi narrativi che sostengono l’opera — tanto da mostrarci il libro come il tentativo di affrontare in modo fresco e personale il genere del romanzo di guerra — potremmo tranquillamente affermare come il contesto storico e gli avvenimenti della seconda guerra mondiale siano un puro pretesto che l’autore stabilisce per parlarci d’altro. Del resto, sembra dirci Andreolli, non vi è guerra peggiore di quella che si combatte contro un nemico ignoto, per ragioni non percepite come ideali, a maggior ragione se quel nemico coincide con la propria umanità ferita dalle lacerazioni dell’esistenza.
L’introverso Ferretti e il gioviale Martini sono una coppia di ragazzi che, in fondo, sono legati non tanto da un sodalizio amicale, quanto da una comune condizione esistenziale di smarrimento di fronte alla chiamata assurda e ingiusta della guerra; tuttavia, invece che dar luogo a una lettura nichilistica e disperata del mondo, Andreolli tenta di raccontare una vicenda in cui i due protagonisti non soccombono alla Storia, ma ne colgono la sfida con un coraggio e una tenacia umane prima che militari. E in questo appare fondamentale la figura di Torrisi, un vecchio marine con una storia tragica alle spalle, che diventa una figura di grande importanza per Ferretti prima e per Martini poi, esercitando su di loro non tanto una mera autorità, quanto una cruda e leale paternità, libera da ogni compromesso, anche con la vita, che è l’unica battaglia in grado di travolgere ogni retorica e regolamento militare a cui sia conveniente attenersi.