La filosofia, da sempre, si nutre di dialogo, dibattiti, critica. Internet, si sa, è un luogo virtuale che offre l’opportunità di incontrare persone con interessi simili ai propri, di riflettere, di discutere, di esprimersi e farsi notare. La spinta della filosofia verso Internet è stata favorita in questi ultimi anni da numerose circostanze, tra cui: la diffusione della rete e la crescente familiarità dei filosofi cogli strumenti web; la semplificazione progressiva dei software e perciò l’accessibilità delle tecnologie, così che è ormai facile a chiunque aprire e gestire una pagina su Internet; la crisi economica che rende difficile la vita alle pubblicazioni cartacee; infine, la volontà di comunicare e farsi conoscere. Il numero e la ricchezza anche qualitativa dei contenuti in rete hanno fatto parlare addirittura di “webaccademia”. L’idea è che mentre in passato il luogo più avanzato della discussione filosofica era il mondo universitario, oggi sarebbe invece la rete a offrire i contenuti più all’avanguardia. Proverò di seguito a discutere questa tesi. Delineerò dunque il fenomeno della filosofia in rete e ne discuterò alcuni aspetti relativamente al caso italiano.
Nell’epoca d’oro della tv, cioè gli ultimi trent’anni del Novecento, la filosofia non pareva particolarmente appetibile ai media. Essa sembrava poter offrire contenuti troppo accademici, di interesse troppo limitato e perciò non competitivi in confronto a quelli richiesti e offerti da una televisione generalista e popolare (fa eccezione l’Enciclopedia Multimediale delle Scienze filosofiche). La tv si teneva lontana dalla filosofia e, peraltro, la filosofia la disdegnava: emblematico il rifiuto di Umberto Eco di essere ospite di Mike Buongiorno. Con Internet, il rapporto tra la comunicazione di massa e la diffusione di contenuti filosofici è cambiato per una serie di motivi. Vediamoli. Intanto i filosofi hanno imparato a rifuggire il “filosofese”, così da farsi capire, o almeno da darne l’impressione. Inoltre, i contenuti vengono offerti in rete e vi restano, consentendo una fruizione più meditata, come con la televisione non sarebbe possibile. Infine, l’accessibilità nei propri tempi e la possibilità di andare ai propri interessi, oltre al carattere interattivo di Internet, consentono a molti di trovare ciò che cercano e, magari, di interagirvi commentando, linkando e in vario modo rilanciando i contenuti meritevoli.
Si può davvero parlare per la filosofia di webaccademia? Credo di sì, almeno in un certo senso. Innanzitutto va detto che l’espressione è vera alla lettera: non solo perché la webaccademia, qualsiasi cosa sia, è su web, ma anche e soprattutto perché l’università è massicciamente presente su ciò che si trova on-line.
Molti siti sono l’espressione di istituzioni universitarie (p.e. Esercizi filosofici), altri esprimono istituzioni a cui collaborano docenti universitari (p.e. Labont, SDAFF), altri ancora sono l’espressione di gruppi di ricerca formati da docenti universitari (p.e. il Centro di filosofia sociale, il Gruppo di ricerca in filosofia politica), altri infine sono legati di fatto all’Università che li sostiene in vari modi (p.e. APhEx, Dialeghestai, Etica & Politica). Persino le pagine web più informali, i blog, trovano una interessante presenza da parte della realtà universitaria (p.e. Filosofiablog, hegelpd). I siti filosofici che non rientrano in queste categorie raramente raggiungono standard alti per livello, qualità, organicità e innovatività dell’offerta.
L’università, rispetto alle risorse filosofiche on-line, svolge di fatto tre funzioni: promuove la qualità dell’offerta, cerca di garantire la stabilità della presenza, fornisce le risorse economiche e, soprattutto, umane. Quanto alla prima funzione, la filosofia, più che altri ambiti del mondo della cultura, si presta alle derive dei telepredicatori e dei guru carismatici autopromossi: è perciò importante che qualcuno garantisca la qualità dei contenuti. L’università, da questo punto di vista, è un discreto garante. Quanto alla funzione di stabilizzazione, Internet è un ambiente segnato dall’impermanenza: la facilità con cui i siti nascono e muoiono è impressionante. L’università, con le sue istituzioni relativamente salde (ma meno del solito di questi tempi), tende a stabilizzare la presenza di siti filosofici in rete. Si tratta però di un giudizio da formularsi con cautela, perché sono noti i casi che fanno eccezione, il più doloroso dei quali è quello dello SWIF, il Sito Web Italiano per la Filosofia, oggi non più in attività. L’università, poi, fornisce le risorse economiche per tenere in vita molti dei migliori siti e, soprattutto, fornisce le menti pensanti.
Resta da capire se davvero – quanto alla filosofia – la rete offra contenuti d’avanguardia, quasi in competizione con l’accademia. A me non pare che sia così, su entrambi i punti: la rete non offre contenuti d’avanguardia, né è in competizione con l’accademia. Quanto ho fin qui discusso mostra le mie ragioni in risposta al secondo punto: la rete, sulle cose della filosofia, è in larga parte espressione dell’accademia, o almeno di quella parte di essa che accetta di esprimersi in rete. In secondo luogo, la rete non offre contenuti d’avanguardia. I siti filosofici su Internet sono per lo più delle vetrine, strumenti per farsi conoscere, per raccogliere la lista dei propri lavori su carta, rimandando il curioso all’acquisto dei testi. Il formato libro costituisce ancora, per la filosofia, lo spazio d’espressione privilegiato.
I ritmi della rete, per quanto più flessibili di quelli della televisione, favoriscono una scrittura breve, semplificata, non particolarmente tecnica. I singoli articoli perciò, anche quelli di qualità e più tecnici (e ce ne sono parecchi), pubblicati dalle riviste filosofiche on line non riescono a prendere un profilo di leadership culturale, come avviene invece per lo stesso formato in altri ambiti del sapere umano, tipicamente le scienze. È dunque l’editoria cartacea il luogo da tener d’occhio per aggiornarsi su ciò che avviene di più avanzato. Un’alternativa è guardare su web le recensioni (p.e. Recensioni filosofiche, Universa), ma così ci si condanna ad arrivare in ritardo di un passo.