La parola scienza è vecchia di almeno duemila anni, e ha cominciato ad assumere il significato attuale solo all’epoca di Newton. Quel che distingue le scienze esatte dalle discipline umanistiche è il fatto di appoggiarsi su misurazioni, la sola garanzia di verità delle affermazioni scientifica. Anche nelle scienze esatte tuttavia, c’è una differenza tra ciò che è stato realmente provato, e la speranza che il materiale a di-sposizione risponda a tutte le questioni sul tappeto.
La parola evoluzione è pure nata molto prima di Darwin, che l’ha utilizzata per spiegare il sorgere di tutte le specie esistenti sulla terra. Dopo aver descritto le variazioni osservabili in natura nello spazio e nel tempo, Darwin introduce il meccanismo dell’evoluzione come interazione fra la differenza fra genitori e figli e il differente impatto dell’ambiente fisico su tale differenza. Questo meccanismo in linea di principio può diventare una scienza esatta, ossia misurabile in maniera quantitativa. Il fatto che possa essere misurato non implica che sia stato effettivamente misurato. Questa distinzione viene spesso tra-scurata dai darwinisti.
La parola ideologia è comparsa durante la Rivoluzione Francese, e all’inizio rifletteva la speran-za che la città celeste potesse essere costruita su questa terra. La speranza è uno dei componenti fonda-mentali della vita umana, come pure della fede cristiana, una fede che mette in guardia dalle utopie.
C’è una differenza enorme fra quello che il darwinismo inteso come scienza ha finora dimostrato, e quello che promette come ideologia. Questo non per minimizzare i meriti scientifici del darwinismo, la sola prospettiva secondo la quale si possa far diventare scienza il discorso ragionato attorno alla grande varietà delle specie esistenti. Jaki è contrario al creazionismo, ma anche all’ideologia darwiniana. Il pro-posito di Darwin, come emerge dai suoi Taccuini è quello di screditare la fissità delle specie, che secondo lui era insegnata dalla Bibbia. La Bibbia peraltro non insegna come vanno i cieli, o come va ogni cosa sotto il cielo, ma come si va in cielo. Il concordismo biblico (il vedere un parallelo fra i sei giorni della creazione e quanto la scienza dice in proposito) va quindi rifiutato. Il primo capitolo della Genesi riguarda principalmente l’importanza dell’osservanza del Sabato, con Dio Onnipotente a cui viene affidato il ruolo di esempio.
Lo squilibrio fra prove e visioni piene di speranza nell’opera di Darwin è esposta in varie pubbli-cazioni, fin dal tempo di Darwin. È significativa una frase di Ernest Chain, uno dei Nobel per la scoperta della penicillina: «Le teorie evoluzionistiche sono una rozza super-semplificazione di una massa di fatti estremamente complessi e intricati, e mi meraviglio che siano state ingoiate senza alcuna critica e con grande prontezza e per così lungo tempo da così tanti scienziati, senza un mormorio di protesta». Resta pure vero che, come disse James Gray, Professore di zoologia a Cambridge, «è meglio pensare in termini di eventi improbabili, piuttosto di non pensare del tutto». Le derive ideologiche del darwinismo, usato per giustificare il libertinismo, la competizione più spietata o addirittura la guerra, sono ovviamente da rifiutare.
L’evoluzione darwiniana dovrebbe essere insegnata nelle scuole, come scienza, con i suoi pregi e difetti. Quest’ultima parte non è gradita ai darwiniani. Affermare, come qualcuno di loro fa, che, dato il tempo necessario, le termiti potrebbero costruire un telescopio, significa rinunciare al diritto umano al rigore, alla chiarezza, alla consistenza, e soprattutto ignorare il dovere del rispetto incondizionato dovuto ai fatti.
(a cura di Antonio Colombo)