Nel silenzio misterioso e nel calore che raggiunge i 50 gradi della Death Valley in California, le pietre mobili sembrano le sentinelle del deserto. Le rocce, alcune pesanti fino a 115 chili, si muovono da sole in sentieri dalle bizzarre linee rette attraverso la superficie ultra-piatta della vallata. Gli scienziati credono che il fenomeno delle pietre sia causato da un insieme di specifiche condizioni del tempo.
Gli studi suggeriscono una combinazione di venti a 145 chilometri l’ora, formazione di ghiaccio la notte e strati di argilla bagnata sulla superficie del deserto, che insieme producono un effetto combinato spingendo le pietre da un posto all’altro. Il fotografo Mike Byrne, 40 anni, ha trascorso anni a documentare i movimenti misteriosi delle pietre.
Come mostrano i suoi scatti, le pietre lasciano percorsi lungo la sabbia in luoghi quasi incontaminati dall’uomo. Intervistato dal Daily Telegraph, Mike Byrne ha dichiarato: «Alcune di queste pietre sono pesanti come persone, è veramente strano immaginare che volino attraverso il deserto in questo modo. Dovrebbero essere pietre viventi per muoversi attraverso la sabbia e non penso che qualcuno abbia ancora risolto la questione al 100 per cento. La maggior parte delle pietre sono trovate sul letto di un vecchio lago, conosciuto come Racetrack Playa, dove il terreno è particolarmente piatto. E’ stato documentato negli anni ed è qualcosa di molto speciale da osservare. I climatologi credono che il fenomeno possa sparire in pochi anni a causa dell’innalzamento delle temperature».
E aggiunge Byrne: «Una delle principali teorie sulla causa del movimento delle rocce è che la crescita dell’acqua da sotto la superficie della sabbia sia sospinta dal vento creando una superficie sulla quale le rocce si possono muovere». La Death Valley è il punto più basso degli Stati Uniti, a 101 metri sotto il livello del mare. E’ quasi completamente piatta e detiene il record per la seconda temperatura più elevata registrata sulla terra, ben 58 gradi. Negli anni Novanta uno studio di un team di scienziati condotto dal professor John Reid, dell’Hapshire College, nel Massachusetts, ha tentato di spiegare il movimento delle rocce. Il suo studio aveva concluso che le rocce potrebbero essere mosse in quanto incastonate in fogli di ghiaccio che si formano di notte sulla superficie della sabbia. Quando la sabbia si scioglie, il professor Reid ha dichiarato che le rocce sono spostate dal Ghiaccio e dal vento formando gli incredibili sentieri.
Come spiega sul sito della Nasa l’esploratore Brian Jackson, «ciò che sta accadendo nella Death Valley è sottile e complicato. E non è scontato quali dei dati raccolti nei nostri viaggi saranno importanti per le ricerche». Jackson, insieme ad alcuni colleghi, sta studiando le pietre mobili dal 2006 e di recente ha pubblicato una ricerca che compara il sito a un lago prosciugato su Titano, satellite di Saturno. La prima ipotesi è stata che le pietre della Death Valley avessero proprietà che consentivano loro di muoversi. Ma le pietre sono solo massi dolomitici scuri precipitati giù dalle altre montagne circostanti.
MA LE ROCCE SONO SPECIALI? – «I massi dolomitici sono abbastanza comuni, e le stesse rocce non sono inusuali – spiega Jackson -. E’ il punto in cui si trovano le pietre che le rende speciali». Jackson è quindi giunto a conclusioni simili a quelle di Reid. L’aiuto viene probabilmente dalla formazione di ghiaccio – in questo deserto l’inverno porta neve sulle montagne. Quando si sciolgono, diventando acqua, bagnano le colline sottostanti e si raccolgono in pozze enormi ma poco profonde che si allargano nella Death Valley e ghiacciano durante la notte. Alcuni decenni fa, i ricercatori hanno suggerito che grandi fogli di ghiaccio potrebbero avviluppare grappoli di rocce, quindi afferrare il vento e spingere intorno le rocce insieme. Questo potrebbe spiegare i casi in cui due sentieri corrono perfettamente paralleli l’uno all’altro.
IL ‘49ERS ENCAMPMENT – E proprio tra le pietre mobili si svolge ogni anno, dal 1949, uno degli eventi più caratteristici della California. S’intitola «Annual Death Valley ‘49ers Encampment». I partecipanti, vestiti da pionieri, con i tipici cappelli da cowboy e la carovana di carri con le tende bianche, attraversano il deserto alla ricerca dell’oro, sfidando le frecce degli indiani. L’evento si ispira a Death Valley ’49 (Valle della Morte ’49), un libro autobiografico di William Lewis Manly che oltre la sua vita descrive le difficoltà che affrontò un gruppo di pionieri, attraversando i deserti del Nevada e della California, durante la corsa all’oro (Gold Rush), nel 1849. Questi pionieri venivano chiamati col soprannome di fourtyninener, che significa i quarantanovini e che si potrebbe tradurre in italiano con quelli del ’49, intendendo quelli che fecero la corsa dell’oro in California nel 1849.
Nel libro si parla dell’epico viaggio nel deserto dei pionieri, con poca acqua e poco cibo, per cui si salvarono a stento, ridando il nome Valle della Morte (Death Valley), alla valle dei Timbisha che a quel tempo i coloni chiamavano Deep Valley (Valle Profonda). Tutto ha avuto inizio il 24 gennaio 1848, quando James Marshall ha trovato una miniera d’oro al Mulino di Sutter. Questa ritrovamento aveva richiamato moltissime persone da tutto il mondo. Le persone abbandonavano le loro case e si mettevano in viaggio con le proprie masserizie sui carri dei pionieri trainati da buoi, chiamati wagons, il più noto dei quali era del tipo conestoga. La cittadina di Salt Lake, era l’ultimo avamposto di rifornimento prima del grande salto nel deserto del Nevada e della California, della scalata alle montagne della Sierra innevata, fino alle miniere della California.
Le partenze di migliaia di persone, da Salt Lake avvenivano numerose tutto l’anno ad eccezione del periodo invernale per l’impedimento della neve sulla Sierra Nevada. Proprio nel 1847, un gruppo di pionieri guidato da Donner, che era partito tardi, era stato bloccato sui monti da una tempesta di neve, che il aveva sterminati. Ora, nell’Ottobre 1849, appena due anni dopo, un altro gruppo si apprestava a partire in ritardo e per evitare la neve aveva deciso di seguire un itinerario più meridionale, che aggira la Sierra chiamato Old Spanish Trail (vecchia pista spagnola). Il problema era che questa pista non era mai stata percorsa da carri e che non trovavano nessuno che la conoscesse e facesse da guida.
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(Pietro Vernizzi)