Augusto Del Noce, di cui ricorre il centenario della nascita (Pistoia, 1910), è stato, nell’Italia del dopoguerra, uno degli intellettuali e degli interpreti più acuti del tempo storico. Figura rara tra i pensatori cattolici, i quali o tendono a rimuovere la storia, come i tradizionalisti volti al tempo di ieri, o a rincorrerla, come i progressisti il cui appuntamento con il tempo è comunque sempre in ritardo. In ambedue i casi la storia non è compresa, ma subita. Per Del Noce interpretare la storia è comprenderla nelle sue cause ideali e, in secondo luogo, è distinguere in essa il positivo dal negativo contro una mentalità manichea che egli rifiutava in modo netto.
In quanto interprete del proprio tempo il filosofo non ha disdegnato di impegnarsi nell’attività giornalistica, nel giudizio sui fatti del giorno. Il Popolo Nuovo di Torino, Il Mulino, L’Europa, Il Tempo, Prospettive nel mondo, Il Sabato, 30 giorni, lo hanno visto, in momenti diversi, assiduo collaboratore. In quest’ottica Del Noce è stato uno dei pochissimi pensatori cattolici, l’unico forse, in grado di confrontarsi con il pensiero laico. Questo perché il pensiero laico, dall’illuminismo in poi, trova la sua legittimazione nella lettura del processo storico secondo un’idea che è divenuta una vulgata: quella per cui il cammino della storia occidentale-moderna va dalla trascendenza all’immanenza, da Dio all’uomo, dalla fede alla ragione, dalla servitù alla libertà. È l’idea del moderno come processo irreversibile verso la secolarizzazione e l’ateismo. Ora proprio quest’idea della modernità , che sta alla base della coscienza laica, Del Noce ha voluto, nella sua opera, decostruire. E questo non già secondo un’ottica antimoderna, comune tra i cattolici durante il periodo della sua formazione.
Allorché il Del Noce filosofo viene a confrontarsi con il tempo storico, nel 1942-’43 con la crisi del fascismo, lo fa attraverso Umanesimo integrale di Jacques Maritain, l’opera in cui il grande pensatore d’Oltralpe valorizzava la modernità liberale e democratica contro quella totalitaria. In tal modo l’antifascismo morale di Del Noce, maturato sin dal 1936 al tempo della guerra d’Etiopia, si incontrava con l’idea della democrazia intesa come “persuasione “ e “non violenza”. Maritain lo liberava dal “complesso di Benedetto Croce”, il complesso per cui un giovane cattolico non poteva allora, agli occhi della coscienza laica, dirsi antifascista. Da qui parte la sfida di Del Noce: dimostrare, al contrario di quello che pensava Croce, come la tutela della persona e della libertà poteva avvenire solo in un orizzonte religioso di tipo cristiano, non già nel quadro immanentistico della divinizzazione del mondo o in quello empiristico della dissacrazione del mondo.
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Questo lo porterà ad una triplice scoperta. In primis alla valorizzazione del filone franco-italiano (cattolico) del pensiero moderno, quello segnato dal filone “agostiniano” che vedeva i nomi di Cartesio, Pascal, Malebranche, Vico, Rosmini , in antitesi a quello germanico (protestante) che con Hegel portava alla santificazione dello Stato ripresa, poi, dal filone post-risorgimentale del pensiero italiano. L’immanentismo hegeliano, ed era la seconda scoperta, portava all’apice il razionalismo inteso come “filosofia della naturalizzazione della morte”, negazione del valore del finito e dell’individualità singolare, “immolazione dialettica della persona” (Maritain). Questa valutazione dell’esistenza umana, come “naturale” e non bisognosa di salvezza, non era l’esito di una conclusione razionale ma il risultato di un’opzione morale originaria. Era questa la terza scoperta.
L’ateismo moderno non ha un fondamento razionale ma, come Nietzsche ha dimostrato, è l’esito di una scelta di fronte alla condizione umana la quale, da un lato, è affermata come autonoma e ribelle ad ogni dipendenza e, dall’altro,è dissolta nel gran mare della totalità data dalla massa organizzata (stato, nazione, classe, razza). Donde il titolo della sua opera più importante: Il problema dell’ateismo, edita da Il Mulino nel 1964. Il moderno non è l’esito necessario dell’ateismo il quale interessa solo “problematicamente” gli ultimi secoli. La filosofia che nega Dio segna una direzione del moderno ma non è l’unica. L’identificazione tra modernità ed ateismo è l’errore che accomuna le due posizioni contrarie del laicismo e del tradizionalismo cattolico. A queste Del Noce opponeva la sua visione complessa del moderno, segnato da percorsi diversi.
Tra questi fondamentale era il filone cattolico, movente dal Cartesio metafisico-religioso e non da quello laico, il quale culminava in Antonio Rosmini, l’autore in cui cattolicesimo e libertà si incontrano e non si oppongono. In tal modo, in modo geniale, Del Noce veniva modificando l’intero quadro storiografico che sta dietro alla comprensione del moderno. Così facendo liberava i cattolici dal “complesso di Croce”, collocandoli a pieno titolo dentro la modernità e la vita politica democratica.