Un professore quarantenne di Castelfiorentino è stato arrestato fuori da scuola per detenzione e spaccio di stupefacenti. Agli allievi. Le maestre dell’asilo, sempre a Firenze, che picchiavano e maltrattavano i bambini dell’asilo sono balzate all’onor delle cronache nazionali: lo stanzino buio, le botte, le minacce col coltello, abbiamo letto.
Non è che a Firenze gli insegnanti sono più cattivi: stavolta le forze dell’ordine e il coraggio dei genitori hanno colpito lì. Ma il degrado professionale e umano dell’educazione offre esempi di rilievo in ogni parte d’Italia. Riconoscerlo, tacendo dei luminosi modelli educativi che danno ancora fiducia e speranza, non è pedante moralismo nostalgico dei tempi andati.
E’ uno sguardo realistico sulle scuole dove ci illudiamo che i nostri figli siano guardati e fatti diventare uomini coscienti e liberi. Perché? I tempi sono difficili, e si impazzisce con frequenza; oppure i ragazzi sono più difficili, è difficile tenerli, capirli, farsi ascoltare. O le famiglie, direbbero i professori, non ci sono più, sono vetrine vuote, delegano soltanto o protestano, intimano, gridano, non c’è alcun patto con la scuola. O invece sono i modelli sociali, la televisione, facebook. Quello va sempre bene da incolpare, soprattutto se ci ostiniamo a non volerlo conoscere.
Tutti hanno ragione, e nessuno. Spiace dover ancora una volta parlare di crisi antropologica, che diventa incapacità a far figli, ad educarli, ad aiutarli a costruire un futuro. Perché un insegnante dovrebbe dedicare metà di ogni sua giornata a mocciosi più o meno sfacciati, a seconda dell’età, a ripetere di anno in anno sempre le solite cose, per 1500 euro al mese (quando va bene)? Perché dovrebbe sopportarsi gli sberleffi, le lamentele delle madri, le invidie dei colleghi, e la puzza delle aule sporchette, il caos delle entrate a spintoni, la tiritera dei compiti a casa, in classe, perchè? Farsi di coca ha altri vantaggi. Ti svaghi, dimentichi le tue frustrazioni, fingi complicità coi giovani per sentirti giovane ancora. Qualche sberla produce effetti: finchè non ti beccano instauri il terrore, o almeno ti sfoghi.
La legge, è vero. Ma le leggi si trasgrediscono sempre e dappertutto, non bastano le regole a tener vivi la ragione e il cuore. Allora, perché? Siamo adulti per finta, invecchiati i volti e ingrigiti i capelli, pingui i fianchi, ma deboli di desideri, stanchi di sfide.
Incontrare un bambino, un ragazzo, credere in lui, proporgli una strada perché scopra la realtà, perché cammini verso un destino felice, è una sfida esaltante. Occorre essere saldi, e felici a nostra volta.
Occorre avere un significato da proporre. Questo vale per genitori e insegnanti, preti e suore, catechisti e dirigenti di società sportive. Un significato più forte del nichilismo che impera. Più forte di chi s’indigna perché qualcuno ha osato ricordare che chi studia non è uno sfigato. Più forte di chi ti induce a credere che se sei volgare finisci in tivù, e ci fai i soldi, e se sei donna, basta imporre tette e gambe, altro che fare le secchione sui banchi. I nostri figli sono lo specchio di quel che una generazione di adulti ha mostrato come valore, come impegno.
O cambiamo noi, o scandalizzarci dei maestri cattivi non servirà a nulla. Da punire, senz’altro, ma altri ne seguiranno, sempre di più. Bisogna essere molto amati, per saper amare. Bisogna avere maestri da seguire, per essere maestri. Ognuno cominci a cercare per sé.