Un incontro dal titolo “Reaching for the Stars” proposto in un’aula del Politecnico di Milano non poteva non richiamare un gran numero di giovani. Soprattutto a pochi giorni dal rientro “dalle stelle” di Samantha Cristoforetti, che ha invaso i media con le sue radiose interviste e soprattutto se tra i partecipanti c’erano due stelle di prima grandezza del firmamento dell’astronautica: l’italiano Luca Parmitano, astronauta dell’ESA, e il mitico amministratore della Nasa Charles Bolden. E così il rettore del Politecnico Giovanni Azzone ha avuto buon gioco a introdurre l’incontro, senza lasciarsi scappare l’occasione di illustrare le statistiche di eccellenza del suo ateneo, soffermandosi sui primati in campo tecnologico e aerospaziale.
Dal Politecnico all’ASI il passo è breve. Quando ha preso la parola Enrico Flamini, coordinatore scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana, sono emersi subito i due i punti cardine del suo discorso: la frontiera sconfinata dell’esplorazione spaziale, per cui l’umanità si impegna da sessant’anni, e la cooperazione internazionale come veicolo essenziale da un punto di vista scientifico e culturale. Un valore quest’ultimo, incorporato proprio da Samantha: italiana, astronauta ESA, salita nella Stazione Spaziale Internazionale con la Soyuz russa, in collaborazione con la Nasa. Tale argomentazione è stata ripresa da Giuseppe Morsillo, direttore IT dell’ESA, che ha inoltre insistito sul coinvolgimento sempre crescente della cultura mediatica: ormai l’esplorazione spaziale, che permette anche un miglioramento della vita materiale (pensiamo al riscontro quotidiano, dalla padella antiaderente ai pannelli solari), è parte della nostra società e la sua evoluzione coinciderà sempre di più con l’incremento della nostra conoscenza e della nostra autocoscienza.
Ma cosa significa questo per gli scienziati impegnati in questa impresa? A questo punto la parola viene data a Bolden, che non ha esitazioni: «study hard, work hard, don’t be afraid of failure». La ricerca spaziale è possibile grazie a un lavoro duro e assiduo, che caratterizza i suoi protagonisti fin dall’università; di qui l’invito a farsi dei muscoli belli sodi, come i nuotatori, fin dai primi anni di università. L’invito particolare rivolto agli studenti del Politecnico è quello di diventare bravi ingegneri, così da arricchire la cooperazione internazionale, nell’ottica di una “ongoing legancy”; l’invito generale rivolto all’umanità è invece quello di abbattere qualsiasi confine politico separi i popoli, agognando un pianeta così come lo si vede dallo spazio: una Terra priva di divisioni. È l’umanità argomento centrale anche nell’intervento di Parmitano, astronauta ESA: il desiderio di esplorare e toccare con mano, l’ambizione di mettere il piede su Marte ed Europa (uno dei satelliti “medicei” di Giove), le domande circa l’origine, le cause e il fine del’universo e del nostro posto nel Cosmo ci costituiscono come esseri umani: il contributo di ognuno è un passo ulteriore sulla strada per il raggiungimento delle stelle. Queste innate esigenze si concretizzano grazie alla tecnologia, essenziale per l’esplorazione, e alla meravigliosa semplicità che – testimonia il nostro astronauta – caratterizza l’Ingegneria Spaziale.
Neanche i fallimenti sono un ostacolo in questa ricerca, come ha dimostrato l’incidente verificatosi durante la seconda EVA (Extra Veicular Activity): nonostante l’operazione fosse programmata da mesi, Parmitano se la vide brutta per un malfunzionamento del sistema di ventilazione della tuta, ma riuscì a rientrare all’interno della Stazione Spaziale Internazionale, a riparare il guasto. «E – assicura – non accadranno più incidenti del genere: la Nasa non permette mai che un incidente si ripeta».
Per suonare la carica finale, di nuovo la parola a Bolden, che cita Ncosi Johnson, bambino africano morto a 12 anni: «do all you can, with what you have, in the time that you have, in the place that you are» (fa quello che puoi, con ciò che hai, nel tempo che hai, nel posto dove sei). La cooperazione internazionale, di cui si è parlato, può avere le basi solide soltanto nell’impegno del singolo.