È ovvio che un documento lungo e complesso come questa enciclica di Papa Francesco necessiti di tempo per una comprensione e riflessione adeguata. Tuttavia una prima lettura suscita agli occhi di un biologo qualche spunto provvisorio di riflessione. La riflessione parte dal capitolo terzo “La radice umana della crisi ecologica”, che Papa Francesco individua in quell'”antropocentrismo deviato” che si traduce in un predominio della tecnocrazia, espressione di un desiderio di onnipotenza dell’uomo sull’uomo e sulla natura. Mi sono chiesto quanto il pensiero biologico del novecento, tuttora largamente dominante, abbia contribuito ad alimentare questa concezione “antropocentrica deviata”.
La cultura biologica del novecento è stata dominata dalla prevalenza di una visione genocentrica degli organismi viventi (siamo quello che siamo sulla base del nostro Dna), e la possibilità di cambiare dipende da “mutazioni casuali” che la selezione naturale, la sfida ambientale, si incarica di eliminare o preservare. In questa visione il vivente è pensato essenzialmente come un “territorio” chiuso in continua “lotta” con l’ambiente (sia esseri viventi o inanimati) e il “cambiamento” è un evento che avviene all’interno del “territorio” indipendentemente dalle esigenze poste dal contesto in cui quel “territorio” si trova a vivere.
Una tale concezione si traduce inevitabilmente in un’idea di vivente come un’entità individuale, un antropocentrismo individualistico, e l’ambiente è percepito come forza che “combatte” contro l’individuo: lo elimina se l’individuo non è “geneticamente” adatto, o al contrario il geneticamente “adatto” vince. Ma le cose non stanno proprio così: la natura è più complessa e offre spunti per costruire una visione biologica del vivente (uomo compreso) più aderente alla realtà. Non corrisponde alla realtà naturale infatti l’idea di un ambiente “esternalista” che agisce sugli organismi e questi diventano quello che sono in quanto si adattano alle condizioni imposte dall’ambiente, il quale a sua volta cambia nel tempo per cause proprie indipendenti dagli organismi viventi che ospita. Invece gli organismi viventi agiscono attivamente sull’ambiente, lo modificano, costruiscono la loro nicchia ecologica. È a tutti evidente infatti che gli organismi viventi modificano drasticamente l’ambiente in cui vivono: gli uccelli costruiscono il nido, i castori le dighe, le api gli alveari e l’elenco è infinito comprendendo non solo l’interazione del singolo individuo con la sua nicchia ecologica, ma anche l’interazione tra tutti gli organismi (dai batteri agli animali superiori) che cooperano a costruire la nicchia ecologica in cui vivono.
È rilevante tutto ciò per l’evoluzione biologica? Certamente sì, in quanto ogni generazione eredita dai progenitori non solo l’informazione genetica ma anche un contesto ambientale precedentemente modificato che ha importanti conseguenze sul processo di sviluppo dei nuovi nati. Si realizza quindi una forma di trasmissione ereditaria di tipo ecologico drasticamente diversa da quella basata sulla riproduzione, in quanto ciò che è trasmesso è un ambiente modificato non solo dagli stessi progenitori, ma da tutti gli organismi che vivono nella stessa nicchia, un’ereditarietà di molti a molti entro e tra le specie.
Ma c’è anche un altro fattore in gioco: non è vero che le “mutazioni” sono “casuali”, cioè indipendenti dalle necessità poste dall’ambiente. Oggi sappiamo che gli organismi modificano la loro informazione genetica (modificazioni epigenetiche) durante la loro vita in base a quanto richiesto dal contesto ambientale in cui vivono e queste modifiche sono trasmesse, almeno in parte, alle generazioni successive. C’è quindi una trasmissione ereditaria non solo genetica, ma anche epigenetica ed ecologia.
Cosa significa tutto ciò in relazione al rapporto uomo-ambiente in cui vive: dice in fondo che la legge di natura non è la competizione, ma la cooperazione, l’interazione costruttiva tra tutti i viventi che vivono ora e che ci hanno preceduto e ci seguiranno. E questa cooperazione si realizza in questo continuo flusso di informazione che pervade tutto il pianeta e proprio l’uomo, cioè quel livello di evoluzione del vivente che è capace di porsi domande del tipo “perché l’universo esiste e ha preso una strada che è giunta fino a noi?”, che è in grado di cogliere questo messaggio e di assumerne tutta la responsabilità. Come chiede papa Francesco a tutti gli abitanti della “casa comune”.