La massa a riposo di un elettrone è incredibilmente piccola, una frazione infinitesima di chilogrammo: solo 0,00000000000000000000000000000091 kg (9,1 x 10-31). Per farsi un’idea è come se confrontassimo il peso di una bottiglia d’acqua da 2 litri con la massa del Sole!
Tuttavia in alcuni materiali “esotici” gli elettroni si muovono con una massa efficace abbondantemente più grande di quella dell’elettrone libero. “Da trenta, quaranta anni i fisici s’interessano al problema degli elettroni pesanti perché, in determinate condizioni, questi agiscono come se avessero centinaia o migliaia di volte la massa attesa”, spiega Séamus Davis, fisico del Brookhaven (Usa).
Questo fenomeno è spesso accompagnato da un’ampia gamma di altri effetti che si manifestano alle basse temperature, tra cui i più importanti sono magnetismo e superconduttività. La capacità di condurre corrente elettrica senza dissipazione di energia è ovviamente un fenomeno particolarmente interessante in vista di future applicazioni tecnologiche.
Inoltre, alcuni composti a base di uranio, rutenio e silicio, come quelli caratterizzati dal gruppo di Davis, mostrano comportamenti che dopo venticinque anni di studio possono ancora essere definiti misteriosi: raffreddando il materiale fino a 17,5 Kelvin (-255,5 gradi centigradi) si osserva un’inconsueta transizione di fase verso uno stato cosiddetto di “ordine nascosto” (in inglese “hidden order”).
Di fronte a questi “metalli contenenti elettroni pesanti” il primo problema è comprenderne la natura. Si tratta di un fenomeno originato da un’oscillazione collettiva degli elettroni (come una sorta di particolare coreografia che coinvolge tutti le particelle), o invece deriva dall’interazione dei singoli elettroni con gli atomi di uranio presenti nel materiale?
Ciò che ostacola gli scienziati nel rispondere a questa domanda è proprio la difficoltà di “vedere” cosa effettivamente fanno gli elettroni mentre si muovono nel materiale. È possibile, in qualche modo, andare a “toccare con mano” cosa succede?
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È questo sostanzialmente il punto di partenza delle ricerche svolte da Davis in collaborazione con la McMaster University e i Los Alamos National Laboratories. Per andare a studiare gli elettroni da vicino e per seguirli nei loro spostamenti i ricercatori hanno utilizzato un microscopio a effetto tunnel (in inglese STM, Scanning Tunnelling Microscope), un potente strumento comunemente impiegato per la caratterizzazione delle superfici e in questo caso adattato per investigare con elevata sensibilità e a basse temperature una superficie di metallo contenente elettroni pesanti.
Così Davis descrive la tecnica utilizzata: “Immaginate di sorvolare uno specchio d’acqua dove delle onde si stanno muovendo su e giù, ma senza propagarsi verso riva. Quando passate a filo sopra le onde, in corrispondenza delle creste potete sfiorare l’acqua, mentre negli altri punti siete troppo distanti. Questo è simile a quello che fa il nostro microscopio: acquisisce immagini che descrivono come gli elettroni possono saltare da ciascun punto della superficie verso la punta della nostra sonda”.
In pratica si applica una differenza di tensione tra la punta del microscopio e la superficie studiata che permette agli elettroni di attraversare il vuoto che li separa. In questo modo è possibile misurare la lunghezza d’onda degli elettroni in funzione della loro energia.
“Questa tecnica rivela che noi stiamo trattando davvero ‘elettroni pesanti’, o si potrebbe dire meglio, elettroni che agiscono come se fossero molto pesanti perché sono in qualche modo fortemente rallentati.”, aggiunge Davis. Nel caso dei materiali a base di uranio il rallentamento è di appena una frazione di secondo, un attimo. Tuttavia, poiché energia cinetica e massa sono legate tra loro da una relazione matematica, anche un piccolissimo rallentamento è sufficiente perché gli elettroni appaiano molto pesanti.
Per cercare di capire quello che succede, possiamo immaginare i giocatori di una squadra di calcio che iniziano a correre per il campo appena dopo il calcio d’inizio. Se ogni giocatore è libero di correre, senza impedimenti di sorta, l’intera squadra ci sembrerà agire come un’onda di “elettroni” sostanzialmente indipendenti. Immaginiamo invece che il campo sia riempito di sedie e che ogni giocatore debba sedersi per un istante ogni volta che s’imbatte in una sedia prima di continuare la sua corsa. In questo caso le sedie giocano il ruolo degli atomi di uranio e ovviamente queste interazioni tra giocatori e sedie (tra elettroni e atomi d’uranio) rallentano i movimenti.
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Grazie alle misure svolte con il microscopio a effetto tunnel è stato quindi possibile seguire gli “elettroni pesanti” fin sotto la temperatura di transizione nello stato di ordine nascosto, ottenendo una prova sperimentale che anche in questo caso gli elettroni continuano a interagire con gli atomi di uranio.
Le nuove osservazioni condotte dal gruppo di Davis sono solo il primo passo verso una maggior comprensione di questi materiali dalle sorprendenti proprietà, ora un po’ più comprensibili ma non meno misteriose.