Con i suoi 53 anni, il country manager di Car2go alza di parecchio l’età media dei suoi collaboratori. Tutti rigorosamente in pulloverino, come il loro boss che non lesina sorrisi, né il confidenziale “tu”. Ma Gianni Martino, mentre parla di piani industriali, racconta aneddoti e, strizzando impercettibilmente gli occhi, mette a fuoco l’interlocutore, non disimpegna le braccia che restano rigorosamente conserte. Un uomo che di solito è sempre all’attacco, non usa mezzi termini e non si spaventa quando vuole sottolineare gli “impicci” delle amministrazioni comunali con cui ha a che fare, oggi si sforza di misurare le parole: sul tavolo c’è il rinnovo del bando di Milano, dove si concentra il 40% dell’offerta di servizio car sharing nazionale con 8mila noleggi al giorno e picchi di 13mila. Il momento è delicato: il bando scadrà a luglio, ma l’amministrazione Pisapia non ha intenzione di lasciare Palazzo Marino senza aver approvato, in anticipo, quello nuovo. «Non ci sono elementi che facciano pensare a un peggioramento delle condizioni», dice cautamente il numero uno di Car2go in Italia. Ma poi non si trattiene e accenna: «L’imposizione dell’area operativa (l’area della città nella quale si può prendere o lasciare un auto in car sharing, ndr) da parte del Comune è stato un errore, ha creato un disequilibrio del sistema perché le auto vengono lasciate nelle periferie, mentre la maggiore richiesta è in centro. Operare in una logica di area metropolitana è possibile, ma con altre condizioni. per esempio con parcheggi di interscambio, come facciamo a Torino e a Firenze». D’altronde Martino non è un teutonico uomo Daimler. Italianissimo, di origini siciliane – «parlo la lingua» sostiene fieramente – trapiantato a Milano in tenera età sull’onda migratoria dei primi anni ’60, si è fatto strada con la sua Htms, fondata nel 1988, società di rappresentanza commerciale dedicata all’industria turistica che oggi conta quattro sedi nel mondo, della quale è tutt’oggi presidente anche se, si legge nel suo profilo, il suo non è un ruolo attivo anche se fornisce un “incessante contributo di idee”. L’approdo alla Joint Venture Car2go Europe GmbH (proprietà: 75% Moovel GmbH, 25% Europcar) è avvenuto un po’ per caso nel 2012 a Stoccarda: per l’Italia Daimler aveva chiesto a Martino di cercare un profilo talmente particolare, tra esperienza di start-up, padronanza delle lingue, capacità di gestione dei rapporti con la pubblica amministrazione, che alla fine si è arreso: «Tra funzione e profilo, il ruolo mi appassionava e ho proposto “se volete, seguo io il progetto fino al lancio”. Non è stata così dura». Quattro anni dopo, Martino è ancora al timone della società in un Paese dove il peso della politica e della burocrazia si fa sentire: «A Bologna abbiamo ricevuto un’accoglienza molto fredda e quindi non siamo presenti. A Milano invece l’amministrazione è andata avanti per la sua strada contrastando il punto di vista di Atm», racconta quasi per bilanciare il rimbrotto precedente prima di lasciarsi prendere ancora dal suo carattere. «Milano è l’unica tra le 31 città del mondo in cui siamo presenti ad averlo imposto agli operatori un’area operativa a sua discrezione. Ma nessun soggetto pubblico può intervenire come regolatore in progetti privati». Ed è sempre il Comune che ha stabilito quante auto debbano essere immesse nel circuito del car sharing e quanto gli operatori debbano pagare per poter far parte della partita: «Sono 1.100 euro, che considero a dir poco eccessivi e che, moltiplicati per le nostre 700 Smart, fanno una discreta sommetta. A Roma paghiamo 1.200 euro ma è compresa una quota di Iva, a Torino 700 euro, a Firenze 600». Ci sono margini di contrattazione con il Comune? «Non abbiamo voce in capitolo: possiamo solo stare a guardare aspettando il nuovo bando».
Dall’ufficio dell’assessore Maran, intanto, qualche indiscrezione trapela: l’area operativa verrà rivista e probabilmente la quota a vettura verrà sostituita da un forfait per ogni operatore. Non è detto però che siano buone notizie, queste: il nuovo bando che uscirà presumibilmente a marzo, sarà cucito su misura per poter far rientrare nel gioco Bmw, che da tempo bussa alle porte di Palazzo Marino per poter inondare le strade milanesi di Serie 1, Mini e auto elettriche come la nuova i3, e Volkswagen, che ha dato forfait a novembre ritirando tutte le sue Up! a causa dell’insostenibilità del business di Twist. Più operatori, più concorrenza per Car2Go, che viene tallonata dalle 500 di Enjoy. «C’è posto per tutti – commenta diplomaticamente Gianni Martino – Ci riteniamo leader e soprattutto pionieri, il che per Daimler è fondamentale: ha inventato il motore, e ora reinventa il modo di utilizzare l’auto. Vediamo tante fotocopiature del nostro modello, ma la differenza la fanno pricing e modello della macchina. Pensi solo al parcheggio: tra la Smart e la 500 c’è una differenza di quasi un metro».
La questione economica, comunque, resta un tabù: di numeri non si può parlare, e non solo con Car2go. Ma una cosa è certa: nessun operatore ha raggiunto ancora il breakeven, il che non impedisce alla case automobiliste di considerare il car sharing un asset importante della propria politica industriale. «Posso solo dire che siamo in linea coi piani, anzi andiamo anche meglio, considerando che comunque si tratta di operazioni con margini bassi e costi operativi altissimi».
Milano non è l’unica piazza in cui Daimler è impegnata sul campo: a Roma il bando scadrà a marzo. Ma, data la spinosa situazione amministrativa, nella Capitale non ci si possono aspettare grandi miglioramenti nelle condizioni operative e presumibilmente il bando verrà prorogato senza modifiche. Se a Milano, Roma e Torino si concentra il grosso del giro d’affari che conta un totale di 200 mila utilizzatori regolari, Martino si guarda intorno: «Firenze per noi è un’area di test, sperimentiamo la sostenibilità del servizio su scala ridotta. Ora verranno pubblicati bandi a Bergamo e Catania, e probabilmente anche Verona, per emulazione».
Marina Marinetti