Inquietante e al tempo stesso affascinante, l’intelligenza artificiale divide: c’è chi come Elon Musk esprime la sua preoccupazione per le conseguenze che potrebbe innescare e chi invece, come Marc Zuckerberg, è pronto ad accoglierla a braccia aperte. Offre più pericoli o opportunità? Questa l’interrogativo su cui verte l’interrogativo a livello internazionale, su cui hanno preso posizione il CEO di Tesla e quello di Facebook. Forse partendo proprio dall’analisi del significato, e quindi anche dell’impatto, di questa rivoluzione in atto si può arrivare ad un compromesso. L’intelligenza artificiale può essere regolamentata, ma come riuscirci se si tratta di qualcosa che non possiamo comprendere del tutto? Forse è il caso di introdurre una «intelligenza collettiva» per riuscire a regolamentarla. Molto spesso invocata, viene applicata raramente. La cooperazione tra l’intelligenza umana e quella artificiale può vincere le resistenze di chi nutre molte perplessità sull’AI.
COME CONTROLLARE QUALCOSA CHE NON COMPRENDIAMO?
Un esempio di integrazione tra intelligenza artificiale e collettiva arriva dalla Francia, come racconta oggi Les Echos, facendo riferimento al progetto TransAlgo, che verifica gli algoritmi utilizzati dagli smartphone per verificare se non usino criteri commerciali per promuovere un’applicazione rispetto ad un’altra. TransAlgo, dunque, chiarisce processi non espliciti e dimostra che è possibile sviluppare metodi di verifica su criteri non riconosciuti. Si può allora cominciare a sperimentare la “regolamentazione dell’intelligenza artificiale” nella campo della mobilità o della transizione energetica. Non si può cominciare però senza prima aver accettato e accolto la complessità dell’intelligenza artificiale. «Scienza senza coscienza non è che rovina dell’anima!», diceva l’umanista e scrittore francese François Rabelais. E allora la vera sfida dell’umanità è riuscire a dare alla scienza una coscienza, regolamentarla per poterla controllare e gestire.